FIRENZE
GUARNIERI INFINITA TENEBRA DI LUCE Pietro Borgonovo
DIRETTORE
Giancarlo Cauteruccio REGIA Goldoni
TEATRO
★★★★★
“Guarnieri è un compositore sensitivo e intimista, la voce estrema del melodramma romantico”
Un’idea tutta italiana è la recente istituzione del teatro azienda, come se le fondazioni liriche fossero la Fiat di Marchionne. La decapitazione del direttore artistico a favore di un amministratore delegato unico nella figura del sovrintendente non ha dato gli esiti sperati perfino sotto il profilo economico. Una riforma fallimentare perché i problemi culturali, con la tacita disinformazione giornalistica, sono scomparsi dall’orizzonte conoscitivo. Il teatro azienda non esiste in Europa. Un solo esempio: l’Opera di Stato di Berlino ha un legislatore assoluto in Daniel Barenboim; il sovrintendente è un anonimo amministratore. Inoltre la mancanza di concorsi rigorosi consente la nomina di dirigenti senza specifiche competenze. La testimonianza più vistosa della crisi delle nostre fondazioni è stata la sovrintendenza imposta da Renzi di un certo avvocato Bianchi, ignaro del teatro lirico, che ha contribuito vistosamente al declino del Maggio; ha contestato addirittura un direttore della statura di Zubin Mehta, cui si deve la crescita professionale dell’orchestra fiorentina. Cristiano Chiarot, subentrato come sovrintendente a Bianchi, nel giro di una decina di mesi ha rilanciato la programmazione del Maggio, con un festival aperto alla modernità. Chiarot non è un tecnico, ma ha idee forti e crede in un teatro che vive nel presente, che dialoga con la città e con il territorio. Una sicura riuscita è la prima assoluta di Infinita tenebra di luce di Adriano Guarnieri che, con un piccolo organico – dieci strumentisti e quattro voci – ha creato un’opera narrativa, anche se non c’è un racconto: è la narratività del suono come progressiva intensificazione lirica. Emozionanti sono alcuni lacerti delle Poesie della notte di Rilke. Si pensa all’ultimo Nono nella luce di tessiture astrali, con la differenza però che Nono ha un passo rituale e messianico, mentre Guarnieri è un compositore sensitivo e intimista, la voce estrema del melodramma romantico. Duetti per soprano e tenore e per due soprani sembrano evocare il suono dei duetti italiani handeliani e tre quartetti vocali guardano ai concertati della tradizione teatrale. Straordinaria anche la scrittura strumentale che esalta i grovigli melodici come nelle pagine cameristiche dell’ultimo Strauss. Paolo Petazzi, l’acuto studioso del compositore bolognese, sostiene che l’abbandono del live electronics avrebbe favorito una nuova linearità della scrittura. Sono convinto invece che questa opzione sia avvenuta soltanto per mere opportunità pratiche, per limitare i costi. In realtà al Teatro Goldoni di Firenze si sentiva talora la mancanza dei sortilegi timbrici e degli aloni spaziali caratteristici di Guarnieri.
Nessun direttore conosce il mondo poetico del nostro autore come Pietro Borgonovo, in grado di decifrare la scrittura gestuale di Guarnieri e di farla rivivere. Tra i cantanti spicca la voce stellare di Lidia Rado. Regia sensibile di Giancarlo Cauteruccio che vede nella musica il colore del testo rilkiano. Proiezioni garbatamente pittoriche nel segno della discrezione.