Classic Voice

STILE LIBERO

- CARLO MARIA CELLA

LE VIOLON ROTSCHILD DE Lyonel Schmit VIOLINO Julien Guénebaut

PIANOFORTE

2 CD Fondamenta 111009 d. d.

PREZZO

★★★★★

Non è storia per ricchi, questa. Non c’è magnate che si accaparri uno Stradivari per esibire la sua protezione prestandol­o al violinista che, un giorno, forse, sarà. Il violino di Rotschild sono poche pagine belle di un racconto di Cechov (1894) che narra di poveri cristi, di una cittadina russa ”peggio di un villaggio”, in cui vive di stenti e fissazioni Jakov Ivanov, costruttor­e di bare che, a richiesta, suona (bene) il violino in una banda di ebrei pronta a correre a feste, nozze e funerali. Un giorno, la moglie di Jakov è chiamata a miglior vita da una epidemia di tifo, e Jakov le legge negli occhi la felicità di andarsene. Si accorge all’improvviso che alla donna con la quale ha condiviso il letto e l’unica stanza, accanto alle bare e agli attrezzi per farle, in un paesino di pochi vecchi noiosi perfino nel decidersi a morire, non ha mai allungato una carezza; nemmeno le ha regalato una cosuccia rubata alle feste in cui si ubriacava (lui). Poco dopo, chiamato anch’egli di là, Jakov riscatta l’egoismo di una vita regalando il violino al pur detestato Rotschild, piccolo flautista ebreo della banda, lui che gli ebrei li ha sempre odiati. E provando a imitare quel che Jakov suonava sulla porta di casa, il piccolo Rotschild si sorprender­à a intonare sul violino di Jakov quel che lui, Rotschild, nemmeno s’immaginava sul flauto. Ora strappa lacrime a tutti, e tutti nel distretto gli chiedono sempre la “canzone” del vecchio, orribile Jakov, divenuta la fortuna di Rotschild il triste. Perché sprecare mezza recensione per raccontare la minima e mirabile storia di Cechov? Perché sul Violino di Rotschild il musicista Veniamin Iosifovic Flejšman compose un’opera in un atto lasciata inconclusa quando partì volontario per Leningrado assediata, dove morì nel settembre del 1941. Finita la guerra, Dmitri Sostakovic, maestro ma quasi coetaneo di Flejšman, completò l’opera scrivendo anche variazioni per orchestra sul tema che probabilme­nte è il cuore di tutto: la “canzone” lasciata sul violino da Jakov nell’unico suo atto di generosità. Nell’album che il francese Lyonel Schmit ha congegnato a partire da Cechov, non c’è la musica di Flejšman ma il suo spirito, e molto di più. Una struggente “Melodia ebraica” appare e riappare, prima al violino, poi al pianoforte, infine per i due strumenti, come la scrisse (o trascrisse) Josef Achron, fondatore della Società per la Musica ebraica di San Pietroburg­o ai primi del Novecento, andato a morire a Hollywood nel ’43. E la Melodia ebraica s’insinua dappertutt­o: nella bellissima Sonata per violino e pianoforte op. 134 di Sostakovic, nella speculare op. 53 di Mieczyslav Weinberg, che non è da meno e anche da sola vale il disco. Il dolore e lo stupore dell’anima russa trafiggono tutte queste pagine-choc di musicisti che, pure loro, sono un po’ creature di Cechov, afflitte da un mal di vivere che, come il demonio, suona il violino e si tormenta su come dannare o salvare l’anima.

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