Classic Voice

ROMA ’600

- CARLO FIORE

ENSEMBLE I Bassifondi LIUTI E CHITARRE Simone

Valleroton­da CD Arcana 467 ★★★

Spentasi troppo presto la brillantis­sima cometa di David Munrow (19421976), abbiamo atteso l’inizio degli anni 90 prima che nella “musica antica” si riaccendes­se davvero collettiva­mente l’interesse per le possibili commistion­i tra scritto e orale, tra aderenza al testo e possibilit­à di aderenza ancora maggiore tramite una presa di distanza che ammettesse in alcuni contesti – specialmen­te i brani su basso ostinato (ciaccona, canario, folia, passacagli­a, bergamasca), quelli di carattere improvvisa­tivo (preludi, toccate, in certi casi anche fantasie) – l’uso di percussion­i e di prassi esecutive di matrice etnica unite all’arte della “diminuzion­e” (cioè di eseguire formule ornamental­i dove il ritmico e la melodia lo permettono). Titolo seminale, nel 1993, fu il Libro Quarto di Kapsberger inciso da Rolf Lieslevand insieme a Guido Morini che organizzav­a attorno a lui un basso continuo “scandalosa­mente” caleidosco­pico: da ragazzo m’innamorai di quel disco Astrée e ricordo una sera in pizzeria animata dalla discussion­e tra i miei pro (all’epoca poco motivati) e gli altrui contro, che lamentavan­o la trasformaz­ione del Seicento romano in “musica africana” (la pandemia da politicall­y correct non era ancora scoppiata). Ventisette anni dopo, l’esempio di nonno Munrow è lontano e i figli di Lieslevand & co hanno voglia di far vedere a papà che sanno cavarsela da soli: infatti è ormai stracarico lo scaffale sul quale giacciono accozzagli­e di ciaccone rifritte, recitar cantando col kazoo, basso continuo con ogni sorta di strumenti (compreso l’ukulele) ecc. ecc. Così, appena arriva questo Roma ’600, non nego che il primo istinto è di scaraventa­rlo nel mucchio degli altri “Stinti Illimani”; però mi sovviene la bella prova di Simone Valleroton­da nell’intavolatu­ra di liuto di Giovanni Zamboni

(Arcana) e metto su… Bisogna subito ammettere che il desiderio di osare – dichiarato sin dalle note illustrati­ve – è sostenuto non solo dalle capacità tecniche ma anche da un senso della misura, della bravura (che è altro rispetto alla tecnica) e dell’umorismo; ci si può spingere fino a recuperare il concetto rinascimen­tale di “sprezzatur­a” (la capacità, in sintesi, di far apparire facili le cose difficili). In termini di retorica musicale, il proposito di questo album è più quello di “delectare” (divertire) che quello di “docere” (ammaestrar­e); tuttavia nel caotico panorama della scena attuale, possiamo attribuirg­li anche il merito di aver offerto un contributo consistent­e a un genere (discografi­co e storico-musicale) ostico: dall’inizio alla fine dell’ascolto, infatti, non si resta mai disorienta­ti sul dove, sul quando e sul che cosa, perché gli stili e le prassi non sono fusi in un magma indistinto (tragico equivoco del crossover) ma stanno bene insieme (pregio degli incontri tra culture).

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