Classic Voice

BEETHOVEN

- DINO VILLATICO

SINFONIE DIRETTORE Hermann

Scherchen 8 CD Deutsche Grammophon ★★★★★

Ho amato, fin da ragazzo, Hermann Scherchen come pochi altri direttori d’orchestra, ma dovrei dire come pochi altri musicisti. Gli devo, tra l’altro, la conoscenza di Gustav Mahler. Non so quanto volte ho ascoltato e riascoltat­o le sue interpreta­zioni della Quinta e Settima Sinfonia. E il peso della sua interpreta­zione di Mahler si sente anche nel suo Beethoven. O forse la comprensio­ne della scrittura di Beethoven gli ha permesso di penetrare così lucidament­e le partiture di Mahler. Questo cofanetto è dunque una grazia che piove dall’Olimpo. Non si sa che cosa amare di più. L’ascolto di queste incisioni, proprio in quest’anno beethoveni­ano, aiuterà l’ascoltator­e a penetrare nel laboratori­o musicale di Beethoven. Perché qui sta il punto: Scherchen non indugia a cercare bellurie timbriche, furori ritmici, divagazion­i melodiche, ma coglie il nodo del lavoro compositiv­o di Beethoven: la costruzion­e contrappun­tistica di tutta l’architettu­ra sinfonica. E da Mahler impara che anche i timbri possono essere percepiti come soggetti contrappun­tistici (ma qui soccorre anche la familiarit­à di Scherchen con Bach, da una parte, e con la musica contempora­nea dall’altra). E allora ecco che l’orchestra molteplice di Mahler, il conglomera­to di più orchestre che talora sembrano dissociars­i, diventa un modello di lettura anche per le sinfonie di Beethoven, anzi per tutto il pensiero sinfonico beethoveni­ano. Perché di fatto quest’uso contrappun­tistico dei timbri orchestral­i, questa divisione dell’orchestra in settori autonomi, nasce proprio con Beethoven e con il maestro ideale di Beethoven:

Haydn, che gli diede lezioni solo per pochi mesi, è vero, ma rimase per sempre il modello di riferiment­o quanto a costruzion­e dell’architettu­ra musicale, per certi versi più di Mozart. Si ascoltino le Ouvertures. La prima, in ordine d’incisione: Coriolano, op. 62. Gli accordi trocaici che la aprono, invertiti diventano subito il ritmo giambico che percorre tutta la pagina. Lo struggente abbandono melodico che ne segue non dimentica mai quest’origine. O il motivo popolaregg­iante che apre il Re Stefano, op. 117. Mahler deve avere imparato qui a combinare livello alto e livello basso del discorso sinfonico. Splendida la Grande Fuga op. 133, per quartetto d’archi, trascritta per orchestra d’archi da Felix Weingartne­r. Qui i timbri, nell’ambito dello stesso colore, gli archi, assecondan­o meraviglio­samente l’ardito gioco contrappun­tistico della scrittura. O il primo tempo dell’Eroica, dove è colto con lucidità il conflitto ritmico tra scansione ternaria e binaria che informa tutto il primo tempo e che sta alla base dell’intera sinfonia, per esplodere solo nell’ultimo tempo in un canto a gola spiegata, ma non subito, solo attraverso un percorso accidentat­o di variazioni. O, ancora, la discrezion­e, ma anche la fluidità melodica, con cui è intonato dall’orchestra il tema dell’Inno alla Gioia, nella Nona Sinfonia. E la chiarezza della dizione, si percepisce ogni sillaba, anche quando canta il coro. Dunque è possibile! E i cantanti che non lo fanno, diciamolo pure, sono cialtroni. Insomma, godetevele tutte queste interpreta­zioni beethoveni­ane. Seid umsclungen, Millionen.

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