DAVIDE DAOLMI
STORIA DELLA MUSICA. DALLE ORIGINI AL SEICENTO ANDREA MALVANO STORIA DELLA MUSICA. DAL SETTECENTO ALL’ETÀ CONTEMPORANEA.
EDITORE Le Monnier PAGINE 357 (ogni volume) EURO 29 (ogni volume)
Una nuova storia della musica, stampata nell’ottobre 2019: due volumi, e due autori che da soli hanno affrontato l’immane fatica di una nuova sintesi capace di offrire prospettive storico-critiche aggiornate allo stato degli studi e soprattutto all’ottica di chi ha vissuto la fine del Novecento e l’inizio di un secolo nuovo. I due volumi non hanno una destinazione esclusivamente universitaria: offrono agli studenti, ma anche agli appassionati e alle persone colte e curiose, stimoli e indicazioni importanti, rispondendo allo scopo presumibilmente prefisso. Rivelano impostazioni sensibilmente diverse, con differenze che vanno oltre la enorme disparità dei temi e dei problemi trattati. Davide Daolmi inizia il suo profilo storico dalle prime forme di civiltà, con una significativa anticipazione, rispetto alle consuetudini, perché essa “si lega all’attenzione alla musica non scritta, costante in tutto il volume”. Il libro giunge fino alla fine del Seicento, nella consapevolezza che si tratta di un confine artificiale, approssimativamente coincidente con la fine delle epoche meno presenti nella comune vita musicale e nella generale coscienza degli ascoltatori. Il quadro da Daolmi delineato è estremamente sintetico, ma offre una grande ricchezza di prospettive, sempre con grande attenzione all’intreccio tra storia, cultura, musica e pensiero teorico e sempre incline a offrire stimoli problematici. La stessa abbondanza delle indicazioni bibliografiche fornisce molteplici stimoli a un lettore ideale. Il rigore della sintesi fa sì che nel Seicento si desideri qualche pagina in più, per esempio su Monteverdi, e soprattutto su Purcell (liquidato in poche righe), anche se si capisce benissimo il rifiuto di Daolmi di ridurre un secolo così ricco e problematico ai profili di pochi grandissimi autori. Nella premessa al volume di Andrea Malvano si esprime la preoccupazione di usare un linguaggio capace di coinvolgere i lettori, anche attraverso prospettive interdisciplinari. E questa preoccupazione, forse perfino eccessiva, sembra quasi condizionare la scrittura, talvolta diversa da quella dei saggi dello stesso Malvano. L’arduo compito di delineare una sintesi storica della musica dei secoli XVIII-XX è affrontato con sicurezza e consapevolezza; ma credo sia oggettivamente un problema limitare a un solo volume il percorso. I capitoli su Bach, Händel, Haydn, Mozart e Beethoven hanno una ampiezza di respiro degna dell’importanza degli autori; ma lo spazio loro dedicato farebbe presagire una prosecuzione con un numero di pagine molto maggiore. Dopo Beethoven la forte accelerazione spesso propone sintesi suggestive, altre volte appare perfino eccessiva, ad esempio nel capitolo sul teatro musicale dell’Ottocento in Francia, Italia e Germania, da Rossini e Weber a Wagner (compreso): 50 pagine sono davvero troppo poche, a maggior ragione in confronto alle 27 del solo Beethoven. Tuttavia su altri argomenti fino agli ultimi decenni dell’Ottocento esclusi, la angustia dello spazio stimola l’autore a delineare percorsi chiari ed efficaci. Dispiace non poter dire altrettanto del problema che oggi forse è il più difficile da risolvere, delineare in termini sintetici le vicende musicali del XX secolo. Sembra che, giunto agli ultimi decenni dell’Ottocento, l’autore (che ha scritto libri importanti su Debussy) si sia trovato costretto dalla mancanza di spazio a troppe rinunce. Non si trova nulla di simile all’introduzione al Romanticismo musicale e non si dedica il necessario spazio specifico ai problemi dell’epoca fin de siècle e inizio del ‘900. Invece nel capitolo 7, intitolato “Il Novecento in guerra”, troviamo in 50 pagine una trentina di compositori tutti di capitale importanza. I cenni sono raggruppati in 7 sottocapitoli che dovrebbe
ro spiegare l’ordine con cui vengono discussi, con balzi cronologici avanti e indietro. Simili salti, e alcuni autori, ritornano nell’ultimo capitolo, “Il Novecento dopo le guerre”, meno affastellato ma anch’esso compresso.