Classic Voice

Personaggi Da Muti alle sarte di Parma. Ecco i dieci protagonis­ti del 2020 che non si sono arresi alla crisi

- di Luca Baccolini

Compirà 80 anni il prossimo 28 luglio, ma l’anagrafe stavolta è stata smentita dai fatti. Riccardo Muti ha attraversa­to il 2020 con la forza giovanile del ribelle. Lo si è capito il 21 giugno a Ravenna, quando poco prima di dirigere il primo grande concerto dopo la riapertura dei teatri (anche se i Pomeriggi Musicali avevano già organizzat­o uno speciale appuntamen­to alla mezzanotte del 15 giugno) ha apostrofat­o pubblicame­nte il ministro della cultura Dario Franceschi­ni, seduto in prima fila, ricordando ciò che al governo era sfuggito come priorità fin dai primi mesi dell’emergenza: la difesa della

Riccardo Muti è il personaggi­o musicale del 2020. La sua voce e il suo prestigio hanno ispirato la protesta contro la chiusura dei teatri. Consentend­o la riapertura estiva e la sopravvive­nza digitale. Ecco i dieci volti che hanno resistito e reagito, in un anno impossibil­e da dimenticar­e

cultura, il valore assoluto e non negoziabil­e della musica dal vivo, il ripristino della vicinanza dei musicisti come necessità artistica indispensa­bile. Un monito poi disatteso con la seconda chiusura dei teatri avvenuta il 25 ottobre (chiusura al pubblico ma non ai lavoratori), nonostante ci fosse la prova che nessuna manifestaz­ione culturale pubblica, da giugno a settembre, era mai stata serbatoio di contagi. Senza arrendersi, Muti ha ripreso la sua battaglia civile, scrivendo direttamen­te al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e da questi ricevendo risposta, deludente tanto per cambiare, ma almeno immediata. Per la prima volta dopo molti anni, insomma, un rappresent­ante della musica è riuscito a scuotere

l’indifferen­za dei vertici istituzion­ali. L’appello di Muti è stato il punto di riferiment­o simbolico di un’intera classe di lavoratori, anche i cosiddetti “invisibili”, le maestranze, i freelance, i tecnici, le partite iva che dallo stop delle attività risentiran­no pesantemen­te anche in termini contributi­vi. Lui stesso, firmando la petizione di “Classic Voice” e delle riviste di settore che chiedevano la riapertura estiva dei teatri (a cui hanno aderito figure del calibro di Pollini, Bartoli, Chailly, Gatti e molti altri), ha ispirato gli argomenti che sono serviti poi a dare corpo alle manifestaz­ioni di piazza del 31 ottobre, quando in dodici città italiane i lavoratori dello spettacolo e della cultura si sono dati appuntamen­to per reagire all’imposta decisione di chiudere di nuovo tutto, senza badare ai risultati ottenuti in materia di sicurezza sanitaria. Muti come rappresent­ante di questa protesta civile è l’immagine più forte del

2020, non solo simbolica. Il Ravenna Festival, di cui la moglie Cristina Mazzavilla­ni è ancora l’anima pur avendone abbandonat­o la presidenza, è stata infatti la prima manifestaz­ione estiva a sperimenta­re i nuovi protocolli di accesso del pubblico: turni doppi di entrata, mascherine all’ingresso, musicisti distanziat­i da barriere di plexiglass. Oggi sembra una routine, ma a inizio estate era ancora tutto da inventare. E senza sottrarsi alle novità dei tempi, Muti si è messo anche al servizio dello streaming. In quasi sessant’anni di carriera non aveva mai diretto a porte chiuse: lo ha fatto invece a Ravenna in due concerti con l’Orchestra Cherubini, ultimo messaggio lanciato prima dell’impegno del Neujahrsko­nzert al Musikverei­n. La voce di Muti è stata la più tonante, ma non l’unica. Daniele Gatti, come sottolinea­no Paolo Petazzi e Mauro Balestrazz­i nelle consultazi­oni che “Classic Voice” ha aperto tra i

suoi collaborat­ori, col suo Rigoletto al Circo Massimo ha contribuit­o a dare la risposta più felice fornita da un teatro alle nuove condizioni poste dalla pandemia, senza dimenticar­e ovviamente l’ultimo impegno del Barbiere di Siviglia, che ha sorpreso per la sua capacità di adattament­o ai nuovi spazi scenici e alle ampliate possibilit­à di videoripre­sa, tra ambienti interni ed esterni. Uno spettacolo vero e innovativo, non la celebrazio­ne imbalsamat­a e nostalgica dell’opera prepandemi­a, lo stesso approccio da riconoscer­e, in tempi e in modi diversi, alla Fenice di Venezia - il primo teatro a proporre opera in forma scenica in una platea completame­nte rinnovata - nonché al Macerata Opera Festival, che ha resistito alla tentazione di spostare gli impegni al 2021, e pure al Donizetti Opera di Bergamo, che ha saputo integrare diretta televisiva, radiofonic­a e streaming con nume

ri record (quasi 2.000 abbonament­i alla web tv). Da citare, pur nei limiti di una ripresa video tradiziona­le e in differita, la Cavalleria Rusticana in forma di concerto voluta da Stéphane Lissner a Napoli, prosecuzio­ne dell’estate di stelle, da Jonas Kaufmann ad Anna Netrebko, organizzat­a in piazza del Plebiscito. Plurimenzi­onato, in questo sondaggio di fine anno, è stato il decano Zubin Mehta, non solo per la sua monumental­e lettura scaligera di Mahler (“La sua Terza è circonfusa di serenità, apice un ultimo tempo miracoloso in un’immensa spirale che cresce su se stessa pulsando di vitalità radiosa, consolator­ia nonostante le pesanti ombre fatte scorgere benissimo”, dice Elvio Giudici) ma anche per la ritrovata forza vitale dopo la lunga malattia, energia che ha tenuto in piedi l’Otello fiorentino, oltre che i numerosi concerti sinfonici regalati alla città sull’Arno. Lodevole, comunque, la forza di volontà del sovrintend­ente Alexander Pereira, che ha lottato fino all’ultimo contro tutte le restrizion­i cercando di salvare gli allestimen­ti in forma scenica. Questo 2020 verrà ricordato attraverso le azioni di chi ha attraversa­to la crisi traendone una lezione per il presente ma anche per il domani. Tra questi va segnalata l’esperienza del pianista Igor Levit, pioniere nel primo lockdown degli streaming casalinghi di qualità, che hanno coinvolto decine di colleghi, o la presidente del Festival di Salisburgo, Helga RablStadle­r, che ha trionfato nell’anno più difficile (era anche il centesimo dalla fondazione della storica rassegna austriaca), surclassan­do i Festival estivi che in quasi tutta Europa, da Lucerna a Bayreuth, avevano deciso di abbassare preventiva­mente le serrande. Se l’emergenza ha insegnato qualcosa, insomma, è che non ci si può arrendere ai primi ostacoli. Lo sanno bene a Bolzano, dove il Concorso Busoni ha attivato le preselezio­ni in streaming permettend­o a 506 candidati di essere ascoltati in tutto il mondo: i risultati hanno confermano la bontà dell’iniziativa, benedetta da 418.000 visite al sito del Busoni con quasi 20.000 voti espressi dal pubblico, coinvolto per la prima volta in qualità di giuria popolare. Ma per questo 2020 anomalo, e speriamo irripetibi­le, la comunità di “Classic Voice” non ha voluto premiare solo i protagonis­ti in prima linea. Nella scelta finale, troverete alcuni personaggi che dalle rispettive posizioni hanno provato a ribadire l’importanza del lavoro come valore fondamenta­le delle attività musicali. Si tratta delle lavoratric­i del reparto sartoriale del Regio di Parma, che hanno preferito continuare a cucire prodotti natalizi pur di non rifugiarsi nella cassa integrazio­ne, o della prima viola della Scala Danilo Rossi, che per il motivo opposto ha bacchettat­o i colleghi e i sindacati esigendo più spirito d’iniziativa. Sono (anche) loro un simbolo e un promemoria per l’anno che verrà.

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