BEETHOVEN
I QUARTETTI PER ARCHI VOL. III (OP. 18 N. 5 E 6/ OP. 95, 130, 131, 133) QUARTETTO Casals
3 CD Harmonia Mundi
HMM 902406.08
★★★★★
Giunge a compimento con questo terzo volume la registrazione dei quartetti di Beethoven del Cuarteto Casals, il più illustre complesso spagnolo del genere, fondato nel 1997 a Madrid (dove tre suoi componenti avevano studiato) e residente a Barcellona. Lo formano Vera Martínez Mehner, i due fratelli Abel Tomàs Realp (violino) e Arnau Tomàs Realp (violoncello) e Jonathan Brown (viola), l’unico inglese che è entrato a far parte del quartetto qualche anno dopo la fondazione. Hanno cominciato a registrare Beethoven nel 2017, per celebrare i 20 anni di carriera, e hanno finito questo terzo volume nel novembre 2019. Non ho avuto occasione di ascoltare i primi due volumi; ma la scelta di non registrare Beethoven in ordine cronologico consente di farsi un’idea della prospettiva interpretativa del Cuarteto Casals nell’insieme. È una prospettiva nobilmente “classica”, caratterizzata dalla ricerca di un nitido equilibrio tra i quattro musicisti, tesi alla massima chiarezza e unità, non soltanto nell’op. 18 n. 5 e 6, in cui i due violini si scambiano il ruolo di primo. L’interpretazione di questi due quartetti ne coglie perfettamente la posizione storica, con i caratteri beethoveniani che vi si affermano nel proseguire direttamente la lezione dei modelli di Haydn e Mozart. Poi l’aggressività e gli aspetti fascinosamente enigmatici del Quartetto op. 95 si impongono in modo ammirevole. Degli ultimi quartetti si ascoltano quelli op. 131 e 130 (insieme alla Grande Fuga op. 133 con cui si concludeva, nel cd inserita prima del Finale che la sostituì): il Cuarteto Casals è sempre all’altezza del tremendo impegno espressivo, tecnico e spirituale di questi capolavori; ma forse la nobile chiave di lettura classica, peraltro legittima, qui può anche rivelare qualche limite. Un esempio: all’inizio dell’op. 131, nel lento doloroso fugato, i quattro musicisti del Cuarteto Casals sono bravissimi nell’attenersi il più rigorosamente possibile a una scelta di suono comune, simile, non differenziata. Altri seguono la strada opposta, differenziando individualmente le singole voci, in modo da schiudere altre prospettive, e anche in altri casi una più analitica ricerca sul suono potrebbe forse esaltare in modo nuovo la sconvolgente originalità e grandezza di queste pagine. L’impresa del quartetto spagnolo merita in ogni caso incondizionata ammirazione.