Quando la canzone italiana anticipò la politica
La canzone italiana anticipa la politica. Così i due grandi schieramenti nazionali si ritrovano insieme sulle note di “Jesus Christ Superstar”. E sulle parole di Fabrizio De Andrè. Come racconta un nuovo libro
Dalla prospettiva della sinistra intellettuale, nel 1964, agli albori del dialogo intellettuale italiano fra ambito cattolico e comunista, il film Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini aveva costituito un’opera di anticipazione e di impatto popolare. In bilico fra arte e analisi sociale, come spesso nelle opere di Pasolini, il film presentava un Cristo al passo con i tempi concretizzando le generali riflessioni dell’autore sugli elementi spirituali del marxismo nei suoi rapporti con il cattolicesimo. Pasolini aveva già pubblicato le raccolte poetiche L’usignuolo della chiesa cattolica (1958) e La religione del mio tempo (1961). Dopo aver girato il film, partecipò a varie conferenze e dibattiti sull’argomento, sostenendo che i tempi non erano ancora maturi per un effettivo incontro fra i partiti cattolici e comunisti sulla base di una comune cultura dell’uomo. D’altronde, prendendo le mosse proprio dal suo film, definiva tale avvicina- mento fino alla coincidenza una possibilità concreta per il futuro.
Il mio film è un primo testo per un dialogo fra cattolici e comunisti. [...] non mi ero proposto certamente di arrivare ad una sintesi tra cattolicesimo e marxismo. Sarebbe stata un’ambizione ridicola, sproporzionata e insensata. Una sintesi, evidentemente, nella nostra generazione è ancora impossibile, è ancora impensabile, anche se per le prossime generazioni può essere forse un punto di arrivo, una meta, una finalità. Per noi non si tratta di parlare di sintesi, si tratta di parlare di integrazione. Man mano che il Sessantotto si avvicinava, la forma d’arte e di espressione che qui ci interessa, la musica leggera, si rivelava tramite di una controcultura laica interessata a un cristianesimo meno teologico e più calato nella quotidianità. La cultura giovanile hippie di matrice americana già rappresentata clamorosamente nel musical Hair del 1967 avrebbe trovato tre anni dopo con Jesus Christ Superstar - seppure, ancora, nella prospettiva ancora di un forte sfruttamento commerciale - un perno clamoroso rispetto al rock che aveva fatto irruzione nel mondo giovanile cattolico. La messa beat stava infatti filtrando anche negli Usa, ad esempio con la Mass in F minor degli Electric Prunes composta da David Axelrod, autore anche di una rivisitazione rock del Messiah di Händel nel 1971. Per converso, alcune canzoni del fortunatissimo Jesus Christ di Webber-Rice sarebbero addirittura filtrate nella liturgia italiana con testi tradotti (Santo; Un mondo rinnovato di domani). Sempre nel 1971, il film Fratello sole sorella luna di Franco Zeffirelli declinava quella cultura tramite la figura di S. Francesco e moduli più di tipo cantautorale. La colonna sonora composta da Riz Ortolani, infatti, faceva affidamento sulla voce di un giovanissimo Claudio Baglioni che interpretava anche una canzone composta da Donovan, la Canzone di S. Damiano, un inno alla semplicità della fede e alla realizzazione dei sogni destinato a diventare un riferimento nei rinnovati movimenti cattolici giovanili italiani. Nel nostro paese i linguaggi e le forme cantautorali testimoniavano inoltre come - analogamente al caso di Pasolini - soggetti appartenenti a un’area non solo laica ma genericamente di sinistra intravedessero nel cristianesimo e nei protagonisti delle vicende del Vangelo un’incarnazione tutta immanente della loro visione, persino utopica, della contemporanea realtà sociale. Il riferimento principale va a Fabrizio De André, sia in termini di risultati strettamente artistici
che di audience. Per quanto il cantautore genovese non fosse riconducibile a una specifica area politica di sinistra, data l’ampiezza dei suoi riferimenti culturali, certo le sue concezioni, fors’anche non strettamente marxiste, erano anarcoidi. Nel 1967 aveva immesso nel mercato discografico la canzone Si chiamava Gesù, che descriveva il Cristo in termini da sollevare la censura della commissione Rai per i servizi nazionali televisivi e radiofonici. Si venava di riferimenti cristiani pure l’altra canzone di quel 45 giri, Preghiera in gennaio, dedicata al clamoroso suicidio di Luigi Tenco durante il Festival di Sanremo. Nel 1970 arriverà il ben più celebre Pescatore che “versò il vino e spezzò il pane / per chi diceva ho sete, ho fame”.
Fu un anno dopo il Sessantotto che comparve la maggior identificazione poetica di De André rispetto alle istanze del cristianesimo, il concept-album La buona novella. “Perché scegliesti un tema come quello?”, gli avrebbe domandato Doriano Fasoli alla fine degli anni Ottanta. Perché avevo sentito la necessità di chiarirmi questa situazione, questo cristianesimo. Che per tanti versi si adatta alla mia ipotesi di società, per altri invece non mi sconfinfera affatto, perché quando si va oltre i limiti del credibile, del dimostrabile, non mi va più bene. Cioè mi va bene la figura del Cristo rivoluzionario, filosofo, ma non quella di CristoDio. Credo che sia una problematica di tanti cristiani o presunti tali. E allora me la sono scritta,
risolvendomi il problema. Incentrata su due argomenti principali - come spesso accadeva per i concept-album strutturati fra i due lati del vinile - La buona novella narra rispettivamente delle parabole di Maria e di Gesù, adottando l’ottica a suo modo alternativa, già in partenza, dei Vangeli apocrifi. Fra gli studi che hanno reso giustizia dei temi di quel disco rispetto al contesto sociale del Sessantotto, va menzionato quello di Guendalina Carbonelli (nel volume La memoria delle canzoni), che parla opportunamente di messaggio “travestito”. Nonostante l’ampia diffusione del disco, e la lettura per molti aspetti originale di quegli avvenimenti, il riferimento agli accadimenti del Sessantotto passò sostanzialmente inosservato proprio in ragione dell’accennata valenza “orizzontale”o perfino universale delle vicende evangeliche. Anche per come venivano narrate nel disco, esse potevano dare adito a letture assai differenti. Per molti aspetti, nonostante la dichiarata avversione del cantautore per gli aspetti dogmatici, erano addirittura compatibili con gli ambienti cattolici meno progressisti. Durante la tournée del suo ultimo disco, Anime salve, nel 1998, lo stesso cantautore avrebbe stigmatizzato. Compagni, amici, coetanei considerarono La buona novella anacronistico. Non avevano capito che quel disco voleva essere un’allegoria che si precisava nel paragone tra le istanze migliori e più sensate della rivolta del Sessantotto e quelle, da un punto di vista spirituale sicuramente più elevate, ma da un punto di vista etico-sociale direi molto simili, che, 1969 anni prima, un signore aveva fatto contro gli abusi del potere, in nome di un egualitarismo e di una fratellanza universali. Si chiamava Gesù di Nazareth, e secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi.턢