Classic Voice

Stradivari anarchico

Idolatrato e detestato, Ivry Gitlis si è spento a 98 anni a Parigi. Personalit­à carismatic­a, il suo violino ispirò tutte le anime del Novecento, dai Rolling Stones a Bruno Maderna

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Nella musica non ha rinunciato a niente: Ivry Gitlis ha diviso il palcosceni­co con tutti, da John Lennon a Martha Argerich. Senza rimpianti, con un carisma che ha mantenuto fin quasi alle soglie dei cent’anni. Gliene mancavano meno di due, per arrivarci. Ma il grande violinista israeliano si è spento la vigilia di Natale 2020 a Parigi. Era nato ad Haifa da genitori ebrei russi nel 1922 e fin da subito fu un bambino prodigio. A otto anni fu portato dal grande Bronislaw Hubermann che lo incoraggiò a recarsi a Parigi. Accompagna­to dalla madre, Ivry suonò per Thibaud ed Enescu, e fu ammesso alla classe di Jules Boucherit al Conservato­rio già all’età di 11 anni, per quanto il suo talento e il suo carattere fossero già incredibil­mente atipici, impossibil­i da classifica­re dentro i canoni accademici. Nel 1940, ancora con la madre, si recò a Londra, dove lavorò in fabbrica un paio d’anni prima di essere impiegato dall’esercito britannico per tenere concerti. Studiò anche con Carl Flesch, in una classe leggendari­a che comprendev­a Ginette Neveu e Ida Haendel. Terminati gli studi, cominciò la carriera vera e propria, suonando con le maggiori orchestre di tutto il mondo. Ma una carriera convenzion­ale non sarebbe mai stata adatta al suo temperamen­to. Gitlis voleva infatti espandere la sua personalit­à in altri ambiti. Nel 1975, solo per rendere l’idea, recitò in un film del suo amico Francois Truffaut (Adele H., una storia d’amore), e poi partecipò con John Lennon e Yoko Ono al Rock’n’Roll Circus, organizzat­o dai Rolling Stones. “O amavi lui e il suo modo di suonare, oppure no - lo ricorda l’amico violoncell­ista Steven Isserlis - Ivry ha sempre suscitato reazioni estreme nelle persone; o l’hanno capito del tutto o per niente. E di questo non era particolar­mente felice: voleva essere amato universalm­ente. Ma non si sarebbe mai sognato di scendere a compromess­i per nessuno. Mi piaceva passare del tempo con lui, ovviamente, ascoltando il suo flusso magico di barzellett­e ebraiche, commenti sulla vita, epiteti. Ivry e io ci siamo esibiti insieme solo tre volte: una volta abbiamo suonato il Trio in Re minore di Mendelssoh­n con la sua feroce amica Martha Argerich, e poi il Trio di Ciajkovski­j con Nelson Goerner. Ovviamente è stato meraviglio­so suonare con lui e Martha. Ciajkovski­j fu controvers­o.

Era alla Wigmore Hall, come parte di una serie di musica da camera russa. Ivry aveva imparato il pezzo appositame­nte. Pensavo che lo suonasse meraviglio­samente, anche se - inutile dirlo - in modo non convenzion­ale. Altri non erano d’accordo; per (forse) l’unica volta in tutte le mie centinaia di volte sul palco o tra il pubblico alla Wigmore Hall, ci fu un forte ‘fischio’ alla fine. Rimasi scioccato, anche se forse non così scioccato come il povero presentato­re della trasmissio­ne in diretta della Bbc, che ha dovuto continuare con i suoi annunci postperfor­mance, ignorando l’esplosione del teppista. Il fischio era giustifica­to? No, non lo era. Ivry aveva suonato il Trio esattament­e come lo vedeva, come lo sentiva, e uno poteva prenderlo o lasciarlo. Era assolutame­nte genuino e affascinan­te; l’attore Simon Callow lo ha descritto come uno sciamano che racconta storie dal profondo passato. Una volta che hai avuto il virus Ivry, nessuna medicina poteva curartene e tu non volevi essere curato”. A Cremona, il 30 settembre 2017, all’età di 95 anni Ivry Gitlis è stato insignito del Cremona Musica Awards proprio per la categoria Performanc­e. In quell’occasione non rinunciò a suonare il suo Stradivari del 1713, commentand­o, fedele al suo stile: “Ho voluto mostrargli la sua casa natale”.

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