Cinquant’anni e non sentirli
“Ma cosa si fa esattamente al Dams?”. La domanda può suonare irriverente, ma è quello che molti si chiedevano quando videro apparire a Bologna il primo corso di laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo. Accadeva nel 1971, nel pieno del decennio di fermenti studenteschi. Quella di un corso di studi trasversale e multidisciplinare fu una vera sfida, lanciata dal grecista Benedetto Marzullo e raccolta dai primi professori, da Umberto Eco a Renato Barilli, senza dimenticare le lezioni di Furio Colombo, Franco Donatoni, Mario Bortolotto e Giampiero Cane, il primo ad avere una cattedra in Italia sul jazz. Pochissimi studenti, all’inizio. Poi un boom che ha cambiato il volto e la percezione del più antico Ateneo al mondo, diventando un indiscusso e spesso invidiato avamposto di avanguardie artistiche, sempre nel segno dell’integrazione delle arti. “L’idea del Dams - spiega il suo attuale direttore Giacomo Manzoli - è nata nel 1971 a Bologna ma si è sviluppata e irradiata in tutta Italia, in una costellazione di discipline, corsi e master che hanno ricevuto piena legittimazione accademica e pari dignità rispetto ai corsi di laurea classici in letteratura, filosofia, politica e storia. Il Dams è figlio della trasformazione e della necessità di aggiornamento dell’industria culturale. La sua promessa di approccio integrato alle arti è stata mantenuta. Al di là degli studenti più celebri che l’hanno frequentato, da Paolo Fresu a Milena Gabanelli, da Stefano Bartezzaghi a Pier Vittorio Tondelli, è utile ricordare le centinaia di laureati che hanno lavorato e lavorano nelle istituzioni, nei teatri, nei musei, o nella produzione di contenuti culturali. Il Dams è nato soprattutto per dare sbocchi professionali”, ma anche per sognare di dare una forma diversa al mondo, come dimostrò la semiologia di Eco, alla ricerca costante di segni e di senso, in un via-vai di intellettuali ospitati, ascoltati, persino contestati (celebri le immagini di lezioni così affollate da invadere persino i corridoi). Questo perché al Dams non si è mai insegnata una materia sola, ma si smontava e ricostruiva tutto: un film, una musica, un fumetto, un romanzo. Come ogni epopea, c’è stato il momento d’oro, l’ascesa inarrestabile e la crisi. Tolti i misteri noir, come il delitto Alinovi del 1983, il Dams ha sopportato imitazioni e maldicenze, soprattutto sulla condotta dei suoi studenti. “Oggi - spiega ancora Manzoli - possiamo dire con soddisfazione che il tasso di dispersione, che comprende chi abbandona del tutto, ma anche chi si laurea con almeno tre anni di ritardo, è sceso dal 30 al 20%. Merito del numero chiuso a 600 posti, che è un elemento di motivazione in più, ma soprattutto dell’offerta formativa, che in ambito musicale si è arricchita di un nuovo master direttamente collegato con l’industria musicale, sia classica sia pop”.
Lu.Bac.
Il Dams di Bologna festeggia mezzo secolo. Nel 1971 fu il primo polo universitario a raggruppare le discipline artistiche. Quell’idea, copiata da molti, resiste ancora oggi