SKRIABIN, STRAVINSKIJ PROKOF’EV
“Straordinarie qualità timbriche, senso innato del fraseggio, profondità di analisi”
“SILVER AGE”
PIANOFORTE Daniil Trifonov
ORCHESTRA Mariinsky
DIRETTORE Valery Gergiev
2 CD Deutsche Grammophon 4835331
★★★★★
Secondo Trifonov, la fase artistica russa denominata “Silver age” non fa capo a una singola estetica, ma “si riferisce a un ambiente frastagliato dal punto di vista sociale, politico e intellettuale, un cocktail di differenti espressioni artistiche interagenti tra di loro in maniera scomposta”. Seguendo le belle note di copertina di Misha Aster il fulcro di questa età argentea sarebbe da associare a un famoso evento che attirò l’attenzione di un pubblico estremamente sofisticato e che ebbe luogo a Parigi nel maggio del 1907: una serie di concerti, organizzati da Diaghilev, che presentavano lavori scritti da una scuola russa già parzialmente nota al pubblico occidentale. La sera del 29 maggio, però, il discorso si andava complicando con la presentazione della terza sinfonia di Skriabin (Le Divin poème), e il Concerto dello stesso autore era stato presentato la settimana prima da un solista già allora eccezionale, Josef Hofmann. Nel 1909 fu la volta di Stravinskij e dell’Uccello di fuoco , seguito nel 1911 da Petruška. In realtà il programma presentato da Trifonov in questo doppio cd si estende a un periodo successivo, ferma restando la scelta del Concerto di Skriabin: Sarcasmes e il secondo Concerto di Prokof’ev risalgono al 1912-14 e si ricollegano qui al discorso generale perché fatti ascoltare dall’autore a Diaghilev all’epoca del loro primo incontro; la Serenata di Stravinskij è del 1925 e appartiene al periodo neoclassico del musicista; l’ottava Sonata di Prokof’ev appartiene ai famosi “anni di guerra” (1939-1944) quando la “silver age” rappresentava un lontano ricordo. In linea con l’assunto sono invece le altre pagine inserite da Trifonov nel programma, ossia la trascrizione di Guido Agosti tratta dall’Uccello di fuoco ei Trois movements de Petruška . Per gli appassionati sostenitori del nemmeno trentenne pianista russo (e sono tanti) non si ascoltano qui novità assolute in quanto tutti gli elementi in programma sono stati eseguiti in anni recenti anche se, per la parte orchestrale, non con la collaborazione di un direttore prestigioso come Gergiev. Trifonov è un pianista che non ha certo bisogno di trucchi da sala d’incisione e qui riesce a riesce a ricreare lo stesso tipo di atmosfera affascinante cui siamo abituati grazie ai suoi concerti dal vivo. Le esecuzioni sono tutte di altissimo livello, ma se dovessi indicare una preferenza in assoluto opterei per la trascrizione di Agosti, affrontata in questi ultimi anni anche da molti giovani colleghi: qui non è questione solamente di virtuosismo eccezionale, ma di straordinarie qualità timbriche, senso innato del fraseggio, profondità di analisi, compenetrazione totale con i testi affrontati. Tutte qualità che fanno oggi di Trifonov probabilmente il miglior pianista in circolazione.
essere rimasto se vogliamo uno dei pochissimi pianisti appartenente a una vecchia, solida scuola. E se quarantacinque anni fa, ai tempi delle sue prime integrali beethoveniane presentate anche in Italia, la sua professionalità impeccabile non riusciva a scalfire il ricordo o l’impressione ricevuta dall’ascolto dei colleghi delle generazioni precedenti, oggi il suo ruolo risulta meglio definito. Tra l’altro Buchbinder ha fin dagli anni 80 meritato la collaborazione con direttori di primo livello come Muti, Abbado, Harnoncourt, Jansons e oggi è la volta di un Thielemann a testimoniare un rapporto di fiducia non certo casuale. Lo si era ascoltato nel settembre di tre anni fa alla Scala proprio in questo concerto, con lo stesso Thielemann a capo della Filarmonica del Teatro, traendone un’ottima impressione che confermava quella ricevuta l’anno precedente nel Concerto n. 3 (stessi interpreti). L’incisione della Dg è molto bella in termini di equilibrio interpretativo tra solista e orchestra e ci permette tra l’altro di ascoltare alcune non trascurabili raffinatezze orchestrali suggerite dal direttore e prontamente messe a punto dalla famosa compagine. Buchbinder sceglie qui per il primo movimento la meno eseguita prima cadenza, tra le tre autografe di Beethoven. Il cd è completato dall’incisione delle Variazioni op. 34, lavoro del 1802 di notevole importanza perché costruito come successione di sei numeri in tonalità discendenti di una terza rispetto al Fa maggiore iniziale (tranne l’ultima variazione che torna alla tonalità d’impianto) e con una tripla scelta di variante metrica rispetto al 2/4 iniziale. Bella incisione, che non ci fa però dimenticare un saggio ancora più bello inciso da Arrau sia nel 1944 che nel 1968.