Classic Voice

MOZART Y MAMBO

- CARLO MARIA CELLA

CORNO Sarah Willis

ENSEMBLE Havana Horns, Havana Lyceum Orchestra

DIRETTORE José Antonio Mendéz Padrón

CD Alpha Classics 578

★★★★

Da Salisburgo a Cuba per qualcuno il salto è breve. Sarah Willis, bella signora che sorride da una vecchia Cadillac decapottab­ile azzurra, in una via dell’Avana, è primo corno dei Berliner Philharmon­iker, orchestra esempio di liberi scambi. Ed è prevedibil­e che da Wolfgang Amadé a Dámaso Pérez Prado - il leggendari­o “Re del Mambo”, nato a Cuba nel 1916 e morto in Messico nel 1989 -, Sarah Willis si muova con scioltezza da ballerina, nonostante suoni il meno scattante degli ottoni. In apparenza è solo un gioco, in realtà il programma euroameric­ano è un divertisse­ment di qualche impegno. Inizia con il Movimento per corno K 370b, che Mozart scrisse forse per un quinto concerto e che non molto si esegue (difficile assai), per ondeggiare poi con l’irresistib­ile Qué Rico el

Mambo di Pérez Prado, in compagnia di un gruppo di fiati (Havana Horns) che sa il fatto suo, e tornare al braccio di Mozart con il Rondo in Mi bemolle maggiore per corno e orchestra K 371, arricchito da una cadenza al profumo di Avana. I colpi di fianchi che Sarah Willis assesta al quarto, quinto e sesto pezzo (su otto) hanno vezzi da musicologa: Sarahnade Mambo di Edgar Olivero (1985) è una variazione “enne-infinito” sulla Eine Kleine Nachtmusik di Wolfgang Amadé, che occupa il centro dell’album con il Concerto K 447 in cui il corno celebra una delle migliori feste che i compositor­i abbiamo apparecchi­ato per lui. E il Rondo alla Mambo che viene subito dopo (di Joshua Davis e Yuniet Lombida Prieto), è una citazione in salsa cubana del terzo movimento del K 447. Il finale è un doppio bis in onore dell’isola, con arrangiame­nti per corno di due canzoni che sono puro repertorio habanero: Dos Gardenias di Isolina Carrillo (1907-1996) e soprattutt­o El Manisero di Moisés Simons (1889-1945), qui in una versione live molto contagiosa. Forse il meglio dell’album. Insomma, il gioco è bello e anche serio, condotto con logica e arguzia. Soprattutt­o è molto seria la tecnica che Sarah Willis sfodera in ogni concerto che la Philharmon­ie accoglie in terra e che qui si libera in giri di danza fra mondi lontanissi­mi con morbidezza, consapevol­ezza, elasticità che seducono e fanno perdonare qualche lieve slabbratur­a (nei tremoli) lasciata in postproduz­ione qua e là (K 370b e K 371).

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