LAURA COZZOLINO
L’ARTE DI INTERPRETARE EDITORE PM
PAGINE 96
EURO 12
“Interpretazione” è un termine assai scomodo perché a molti ricorda operazioni censurabili di lettura personalistica dei testi musicali. D’altro canto nessuno è oggi tanto limitato dall’affermare che quanto scritto su quei testi corrisponda a un insieme esatto di regole che portano a un’esecuzione esattamente in linea con quanto pensato dall’autore.
Il discorso è complicatissimo ed è probabilmente impossibile esaurirlo, tantomeno in termini scientifici. Porre dei paletti (stilistici, testuali, di “gusto” …) è praticamente impossibile e per fortuna esiste un intervallo di scelte sufficientemente ampio per intervenire nella pratica esecutiva senza travisare in maniera lampante il significato del messaggio originale. Il recente testo pubblicato da Laura Cozzolino tenta di riassumere quello che è lo stato attuale dell’esegesi su questo argomento spinoso ma, almeno nella prima parte, è leggibile solamente da chi abbia profonda dimestichezza con l’analisi teorica del problema e maneggi con sicurezza il pensiero di tutti coloro (Adorno, Pareyson, Gadamer, Benjamin, la corrente dei new musicologists...) che hanno dedicato approfonditi studi sull’argomento. Il transito a una seconda parte in cui si cerca di riportare la discussione in termini più concreti, anche con il ricorso ad esempi noti a un pubblico più vasto, non è così scontato. Del resto il titolo stesso di questo libro sottintende l’esistenza di un’arte, ossia quanto di più personale e discutibile, che interviene nel momento in cui l’esecutore si accosta a un testo musicale e ne propone una lettura “sonora”. L’autrice vira a un certo punto, inaspettatamente, verso il terreno pianistico e tenta di riassumere diversi aspetti attinenti anche alle cosiddette “scuole” naziona
li mescolando argomenti che in realtà richiederebbero una trattazione molto più ampia e complessa. E si ha l’impressione che, una volta scesi dal campo puramente teorico a quello dell’esemplificazione, ne soffra quella coerenza di indagine che aveva guidato la prima parte di questo saggio. Accompagnare il lettore in un percorso di problematiche interpretative che va da Paderewski a Pollini non solo è compito non facile, ma richiederebbe appunto uno spazio molto maggiore di quello dedicato dall’autrice. Che in ultima analisi conviene sul fatto che “l’ascolto attento di un medesimo lavoro… talvolta fantasiosamente reinterpretato, abbia sorprendentemente illuminato alcuni suoi aspetti nascosti, sfuggiti a un primo incontro con l’opera”. Quasi a confessare il fatto che, al di là dell’esame di una trattatistica voluminosa e complessa, lo strumento più efficace per guidare esecutore e ascoltatore verso una lettura (che secondo Busoni è già di per se stessa “trascrizione”) e quindi “interpretazione” del testo sia tutto sommato il gusto personale formatosi, oltre che dall’esame del testo stesso, attraverso l’ascolto di una storia interpretativa ben documentata.