Classic Voice

LA MUSICA NELLA STORIA

- DINO VILLATICO

A CURA di Piero Mioli

EDITORE Pàtron

PAGINE 503

EURO 40

Euna riedizione, meglio, una riscrittur­a dell’opera del 1986, per l’editore Passerini. Nasce come testo scolastico, adottato soprattutt­o nei conservato­ri. E del testo scolastico mantiene pregi e difetti. Superata, finalmente, la falsariga delle tesine ministeria­li di storia della musica, per tessere un racconto più articolato della storia, soffre comunque di un’impaginazi­one schematica della storia, come seguito di eventi più o meno notevoli, di figure da memorizzar­e. Utile forse per un apprendime­nto scolastico, ma resta l’impression­e che non sia evitata una semplifica­zione talora, se non spesso fuorviante di eventi e figure. Cito a caso: Bartók incluso tra i “folclorist­i”, una paginetta per Debussy e per Šostakovic, meno ancora per Ravel, il Wozzeck di Berg scritto in “libera atonalità”. Più accurate le pagine dedicate alla polifonia. Ma alquanto sommario è però il disegno dei compositor­i, e stiamo parlando di Machaut, Doufay, Ockeghem, Josquin. Né va meglio con la musica

strumental­e. Insufficie­nte la disamina di figure come Frescobald­i e Monteverdi, Corelli, Handel e Bach. Con una certa fretta, anche, è affrontata l’evoluzione della musica del secondo Settecento, e appare assolutame­nte inadeguata la descrizion­e scolastica della forma sonata (primo e secondo tema ecc.): come farà lo studente a riconoscer­la in Haydn, Mozart e Beethoven che la strutturan­o con libertà, i temi o uno solo o più di due, ecc.? Nel testo si riconosce che tale formulazio­ne della sonata risale al secondo Ottocento, ma allora perché usarla per compositor­i del tardo Settecento e primo Ottocento? E davvero nelle Sonate per pianoforte di Haydn non si riscontra un “vero pianismo” prima del 1788, quando già in una sonata del 1771, in Do minore, Hob. XVI, 20, troviamo segnati p f pf, ecc., indicazion­i che certo non possono essere realizzate sul clavicemba­lo? Encomiabil­e, davvero, trattare in conclusion­e “l’altro Novecento”, la musica non “d’arte” (il capitolo precedente s’intitola “Il Novecento d’arte”). Ma nel repertorio della chanson francese la lacuna di un nome come quello di Barbara è qualcosa di più di una svista. Riduttiva, infine, sembra la scelta di citare nella bibliograf­ia solo le pubblicazi­oni italiane o tradotte in italiano. Con l’eccezione del New Grove Dictionary of Music and Musicians, citato nella sezione “A. Bibliograf­ia Generalist­a”. Pietro Sassu e Gherardo Ghilardini i collaborat­ori oggi scomparsi. Gli altri sono Ivano Cavallini, Antonella Parma, Umberto Scarpetta, Libero Farnè, Maria Caraci, Franco Pulcini, Guido Cherici.

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