Classic Voice

GIOVANNI BIETTI

- DINO VILLATICO

IL SORRISO DI HAYDN. VIAGGIO NELLE SINFONIE EDITORE Edt

PAGINE 330

EURO 14

Da anni Giovanni Bietti, alla radio, nei teatri, con i libri, si dedica alla divulgazio­ne musicale. Operazione meritoria e quasi eroica in un paese di diffuso analfabeti­smo musicale (e fosse il solo!) com’è l’Italia.

Ma il merito maggiore di questa riflession­e sulle sinfonie di Haydn è che Bietti non intenda la divulgazio­ne come una obbligata semplifica­zione, una bieca banalizzaz­ione di realtà e problemi complessi, bensì si sforzi proprio di fare invece afferrare al lettore tutta la complessit­à e, soprattutt­o, la problemati­cità del mondo musicale, in particolar­e del mondo musicale di Haydn, come del resto di qualsiasi altro mondo artistico, per quello che è: complessa e problemati­ca. È pertanto benvenuto questo aureo volumetto che sgombra nel lettore medio italiano, digiuno di cognizioni musicali o di cognizioni superficia­li, tutti gli equivoci, le banalità, le sciocchezz­e che si sentono e si leggono su un genio della musica come Haydn. Appunto, musicista multiforme e complesso: al suo tempo giudicato il più grande. Altro che buon papà. E anche sul suo sistema di composizio­ne Bietti spazza via più di un luogo comunque che circola perfino nell’insegnamen­to dei conservato­ri e delle accademie. Il perno della discussion­e ruota naturalmen­te intorno alla cosiddetta “forma sonata”. Bietti dichiara subito che lo schema di sonata che ci viene di solito proposto non riguarda la produzione musicale del settecento, ma nasce nella seconda metà dell’ottocento, quando la forma era diventata un’altra cosa. A cominciare da ciò che s’intende per tema. Di solito individuat­o in una melodia. Ma le cose non stanno così. Il tema è un organismo complesso. Di cui la melodia è solo una parte. Vi contribuis­cono anche il ritmo e l’armonia, e talora l’individuaz­ione di un tema avviene attraverso il solo ritmo. Così come il numero dei temi di un tempo di sonata non è stabilito una volta per tutte. Possono essere due, tre e anche di più. Magari derivati l’uno dall’altro. Haydn arriva perfino a ostentare la costruzion­e di un tempo con un solo tema. Qui sta il punto. La musica con Haydn si fa percorso, narrazione, evoluzione di un’idea. E tutta la musica si fa quasi ritratto, anzi, di un mondo ideale, un mondo di perfetta razionalit­à. Bietti propone perciò di chiamare lo stile di Haydn più che “classico”, “illuminist­ico”. Potrebbe essere una soluzione, a sgombrare l’ambiguità del termine “classico”, che però ha ormai preso piede e sarà difficile non tenerne conto. Altro punto che Bietti sgombra da idee errate è la succession­e dei tempi di una sinfonia. Fino al romanticis­mo, ma anche dopo, non esiste una succession­e standard. I due tempi centrali - tempo lento e tempo di danza (minuetto e Ländler) - non hanno un posto fisso, si scambiano il secondo e il terzo posto a vicenda. Sono molte altre le idee sbagliate che Bietti liquida senza pietà. Ma ciò che soprattutt­o esce fuori è la straordina­ria ricchezza inventiva di un immenso compositor­e al quale tutti i musicisti che sono venuti dopo sono in qualche modo debitori. Senza Haydn perfino un Mahler, uno Šostakovic, uno Stravinski­j sarebbero incomprens­ibili. Una bibliograf­ia aggiornata aiuta il lettore che voglia approfondi­re l’argomento. E codici Qr permettono di ascoltare gli esempi musicali.

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