La svolta “politecnica” della Civica Scuola “Abbado”
L’idea, ambiziosa e appassionata al limite del fitzcarraldesco, è quella di realizzare una produzione d’opera con le proprie forze. Una Bohème interamente cucita in casa dagli allievi delle Scuole Civiche, ovvero l’articolazione di quattro dipartimenti che fanno capo alla Fondazione Milano, quattro fucine di futuri professionisti di musica, teatro, cinema e televisione, nonché traduzione. Il progetto, che vedrà la luce non appena le nubi pandemiche si diraderanno, diventerà uno dei manifesti del nuovo corso delle Civiche e, forse, di un nuovo modo integrato di insegnare il mestiere delle arti. “Sarà una Bohème experimental”, spiega Roberto Favaro il neo direttore della Civica Scuola di Musica Claudio “Abbado”, nominato lo scorso settembre perché oltre all’attività di ricerca nel campo delle discipline musicologiche tradizionali ha avviato negli anni una serrata esplorazione delle zone di contatto e compenetrazione tra la musica e altri linguaggi dell’arte e della comunicazione, come mostra la sua esperienza di preside del Dipartimento di Progettazione e Arti Applicate di Brera e, tra gli altri
incarichi, anche quello di professore di Estetica Musicale e Sound Design all’Accademia di Architettura di Mendrisio. La musica, nella sua carriera, non ha mai viaggiato da sola. La sua idea di formazione musicale è infatti un laboratorio complesso, che cerca linfa vitale dalle altre discipline: “Dovremmo cominciare a pensare a un insegnamento non più per compartimenti stagni come eravamo abituati - spiega a ‘Classic Voice’ -. Per troppo tempo, e ancora oggi, ci si è adagiati sull’idea di considerare lo studente di musica come un futuro solista, specializzatissimo, ma di fatto staccato dal contesto. L’esperienza professionale però è per sua natura sfaccettata e nei fatti viene integrata in una rete molto più vasta di competenze, oggi più che mai necessarie per entrare nel mondo del lavoro”. Con una parola che di questi tempi potrebbe suonare sospetta, Favaro parla di “contaminazione”. “Contaminare significa in realtà mettere lo studente a contatto con esperienze lavorative e discipline diverse, fargli sporcare le mani, conoscere almeno gli elementi costitutivi di altre dimensioni che non siano solo la tecnica”. Il punto centrale, suggerisce Favaro, è curare una formazione consapevole dei linguaggi stratificati dell’oggi. Non sarà quindi fuori luogo immaginare, in futuro, allievi che diventeranno compositori di musiche pensate espressamente per il mondo della moda o per le esposizioni d’arte. Musica applicata con piena cognizione della realtà. Sul piano pratico, si tratta di mettere in discussione decenni di egemonia di metodo monocratico. Si parla del Conservatorio e dei suoi limiti: “Purtroppo molte di queste istituzioni sono ancora concentrate nella loro missione esclusiva e tradizionale, pur di altissimo livello. In questo grande contenitore che è la Fondazione Milano ho visto subito le potenzialità per una didattica nuova, che faccia uscire la musica dal suo guscio. Se guardo i piani di studi di pittura, oltre ai corsi tecnici vedo corsi di filosofia, estetica, storia del teatro, storia dei mass media. Perché la musica, che forse ha persino più bisogno di essere contaminata rispetto ad altre discipline, non fa lo stesso?”. Alla Scuola “Abbado” la risposta a questa domanda si attuerà attraverso una stretta collaborazione con le altre tre Civiche, la “Luchino Visconti” per il Cinema, la “Paolo Grassi” per il Teatro e la “Altiero Spinelli” per Interpreti e Traduttori. Lo scenario atteso dai 1.400 allievi di Musica sarà quello di una relazione serrata con i colleghi, “come in un grande Politecnico delle Arti”. E che sia il capolavoro di Puccini a suggellare quest’incontro, forse già in ottobre in occasione della riapertura del Lirico di Milano, la dice lunga sulle potenzialità dell’opera nella formazione delle nuove leve: “Dopo vent’anni di attesa, il Lirico riaprirà - annuncia Favaro - e come momento inaugurale contiamo di realizzare una Bohème interamente prodotta dalle Scuole, anche per quanto riguarda la stazione mobile per le riprese in streaming, che ormai è diventata una componente irrinunciabile della comunicazione culturale. Con Brera avvieremo anche una collaborazione per quanto riguarda luci e costumi”. Ma una visione così integrata non porta anche effetti collaterali? “Vincere i particolarismi
non è mai facile - ammette Favaro - coltivare il proprio ambito è nella natura umana. Ma l’identità della Civica Scuola Abbado è di per sé favorevole a un percorso originale. Non siamo un conservatorio, non abbiamo un ingabbiamento normativo, pur offrendo identico titolo di studi. Forse qualche fastidio lo daremo, ma l’idea di aprire ad orizzonti professionali nuovi, con una formazione sempre più interattiva e interdisciplinare è inevitabile. Lo chiede la realtà in cui viviamo, non solo per questioni di mercato. La professione del musicista è diventata estremamente difficoltosa, soprattutto se lasciata a sé stessa. Chiudersi nell’autoreferenzialità è un rischio troppo alto”. E così nell’orizzonte di questi studi trasversali debutteranno nuovi corsi: “Stiamo varando un triennio di popular music, che comprenderà anche le tecniche di composizione della cosiddetta pop-music, dall’arrangiamento alla costruzione della canzone, senza dimenticare il sostegno al jazz e alle sue ramificazioni interdisciplinari e a tutte le possibili azioni sonore nell’ambito della musica elettroacustica e del sound design”. Tutto questo aperto anche agli studenti stranieri (il 18% viene dalle Americhe e dall’Asia), nonostante le limitazioni causate dal Covid. “L’emergenza - conclude Favaro non ci deve far dimenticare che l’attività performativa rimane centrale. Questo periodo sarà uno stimolo per pensare a spazi non abituali per le esibizioni: dai parchi ai musei, dai giardini agli spazi privati”. 턢