Classic Voice

Scala, un anno dopo

Il primo teatro d’Italia si risveglia all’insegna del Novecento: dopo “Salome”, Riccardo Chailly debutta in Kurt Weill. Così l’opera da camera o senza coro frena il virus

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Èservito quasi un anno per riportare l’opera in forma scenica alla Scala. Dopo Così fan tutte in gennaio, è arrivato il tempo di Salome e del dittico Die sieben Todsünden e MahagonnyS­ongspiel di Kurt Weill (nella foto con la moglie Lotte Lenya). Tempi d’attesa lunghi, considerat­a l’importanza dell’istituzion­e, mentre altri teatri, più piccoli e “agili” come quello di Modena, sommavano fino a quattro nuove produzioni in forma scenica nel giro di un due mesi. Finalmente, però, anche la Scala ha saputo rialzarsi e riprendere slancio dopo la paralisi di primaverae­state 2020 e il colpo di grazia del focolaio Covid di metà ottobre, episodio che ha tagliato le gambe alla produzione di Traviata (programmat­a dopo le colossali Aida,

Requiem e Nona

di Beerthoven) e offerto materiale utile a chi sostiene che anche i teatri siano luoghi potenzialm­ente infetti. La svolta della Scala è coincisa con il ritorno di una delle produzioni più attese del 2020, quella Salome firmata Damiano Michielett­o interrotta dall’arrivo della pandemia. Aver portato in scena il titolo dopo un anno (con sostituzio­ne in extremis di Zubin Mehta con Riccardo Chailly) è un segnale di vita, ma anche un’indicazion­e preziosa per il futuro: il Novecento infatti appare come un secolo congeniale per superare i limiti logistici e sanitari imposti dalla pandemia. Caduta su Aida a causa delle imponenti masse corali, la Scala ha capito che il virus si evita anche grazie a repertori ad hoc, con soluzioni sceniche alternativ­e e offerte artistiche differenti dai normali cartelloni di routine. In quanti - noi per primi - lo avevano sosostenut­o? È con questo spirito che il 18 marzo verrà proposto in streaming il dittico dedicato a Kurt Weill, due produzioni “da camera” come Die sieben Todsünden (I sette peccati capitali) e MahagonnyS­ongspiel, cantata scenica destinata a diventare la prova generale di Ascesa e caduta della città di Mahagonny, con la direzione di Chailly, la regia di Irina Brook, figlia del grande Peter, e la voce di Kate Lindsey, al debutto scaligero. Il Coro si riaffaccia invece per la prima volta il 5 marzo sotto la direzione di Myung-Whun Chung per lo Stabat Mater di Rossini, con le voci di Eleonora Buratto, Veronica Simeoni, René Barbera e Andrea Mastroni, mentre il 24 marzo Nicola Luisotti sarà sul podio per un concerto dedicato al repertorio italiano con le voci di Maria Agresta e Francesco Meli. Squarci di “normalità” arrivano anche dal balletto, con una serata dedicata ai coreografi contempora­nei (27 marzo), mentre il calendario dei recital di canto prosegue nel segno delle grandi voci: il 7 marzo tocca a Ludovic Tézier accompagna­to da Helmut Deutsch in una serata di Lieder e mélodies che spaziano da Schubert, Schumann e Liszt a Mozart, Ibert, Fauré e Berlioz; il 14 marzo la stessa Kate Lindsey con il pianista jazz Baptiste Trotignon offre una serata monografic­a su Kurt Weill e infine Aleksandra Kurzak registrerà con il pianista Marek Ruszczynsk­i e il violista Tomasz Wabnic un recital con musiche di Chopin, Schumann, Brahms e Cajkovskij che sarà trasmesso in differita il 4 aprile.

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