GIORGIO SANGUINETTI
LE SONATE PER PIANOFORTE DI BEETHOVEN
VOL. 1: GENERE, FORMA, ESPRESSIONE
EDITORE Libreria Musicale Italiana
PAGINE 312
EURO 30
Èquesto il primo dei cinque volumi sulle sonate per pianoforte di Beethoven ideati dalla Società Italiana di Musicologia, la premessa all’esame di tutte le sonate che altri quattro studiosi italiani compiono nei volumi successivi, annunciati entro il 2021. Una premessa di vasto respiro, straordinariamente ampia e ricca, di cui i lettori di “Classic Voice” hanno avuto un’anticipazione nello scorso novembre con il capitolo iniziale, sulla funzione sociale e la fruizione della sonata pianistica tra ‘700 e ‘800. All’epoca in cui furono scritte, le Sonate di Beethoven avevano una destinazione e un modo di diffusione ben diversi da quelli di oggi, in condizioni non confrontabili che esse stesse hanno contribuito a creare divenendo pietre miliari del “repertorio”: all’epoca di Beethoven un pianista in pubblico presentava quasi esclusivamente musica propria (e improvvisava); ma nella seconda metà del secolo XIX si profila la figura dell’interprete sacerdote della sacralità di un repertorio di cui Beethoven è parte essenziale. In tutto il bellissimo libro di Giorgio Sanguinetti uno dei temi di riflessione costanti riguarda proprio il ruolo di Beethoven nella profonda trasformazione della situazione in cui le sue opere furono concepite. Anche l’ampio spazio che occupa la precisa e aggiornatissima sintesi sui problemi della teoria della forma e dell’analisi delle sonate beethoveniane dipende dal rilievo centrale che esse hanno nella storia dell’una e dell’altra, come prima ed essenziale pietra del paragone della validità di una teoria sulla forma sonata e di una interpretazione analitica. La seconda parte del libro è interamente dedicata a uno sguardo d’insieme sulle teorie della forma, arricchito dalla precisione e dal rilievo di una grande quantità di esempi.
La ricchezza degli esempi e dei riferimenti è uno dei motivi di maggior fascino del libro, anche per ciò che riguarda altri temi, dalle differenze tra i pianoforti del tempo di Beethoven e quelli moderni, ai problemi della prassi esecutiva “storicamente informata”, alle notizie che possediamo sui tempi e sui metronomi di Beethoven, alla sintesi sulle prospettive dell’ermeneutica. Con l’equilibrio che nasce dal rigore e dall’ampiezza di prospettive questi problemi sono discussi in modo sintetico, ma capace di offrire precise indicazioni anche a un interprete: per esempio sui metronomi e sul significato delle testimonianze in proposito. Tra le molte riflessioni che colpiscono e che andrebbero menzionate cito almeno le pagine che danno concretezza analitica alle osservazioni di Adorno sul riaffiorare delle “convenzioni”, al di là dell’individualità, nel tardo stile di Beethoven.