Vincenzo Milletarì 30 anni, direttore
Ricorda quand’è cominciato il “suo” lockdown?
“Prove generali di Italiana a Fano. Spettacolo splendido di Cecilia Ligorio, che ci è morto letteralmente tra le mani”. Lei dirige spesso nel Nord Europa. Differenze con l’Italia?
“A Stoccolma ho diretto Carmen con 30 persone in sala. Surreale pensare che tra palcoscenico e buca fossimo cinque volte tanto”. Almeno un pubblico. Perché da noi no?
“Se i teatri devono rimanere chiusi, da musicista e da cittadino soffro, ma la accetto. Sapere che, col sacrificio della chiusura, non abbiamo contribuito al contagio è già una consolazione”. È più difficile guidare un’orchestra in platea?
“Quello che facciamo adesso un anno e mezzo fa sarebbe stato impensabile e forse inaccettabile. Il concetto di suono è cambiato, è tutto più aperto. Si è persa senza dubbio la bellezza di suonare vicini. Solo chi fa musica sa cosa significa sentire il fiato del collega. Per un direttore vien meno la sensazione dell’orchestra che, letteralmente, ribolle. E certo, a venti metri è più difficile dare un attacco a un oboe solo col respiro e lo sguardo”. La direzione quindi è diventata più gestuale?
“Sì, e ci si affida molto di più alla professionalità dell’orchestra, al suo saper suonare insieme. La cosa incredibile delle orchestre, che io considero la forma di socialità più avanzata della civiltà occidentale, è la capacità innata di respirare nello stesso tempo. Ogni orchestra ha il suo modo di attaccare e respirare. Quasi fosse una questione genetica e storica. Tutto questo torna utile nel momento in cui siamo obbligati a sparpagliarci per tenere le distanze. Ma questo resta sempre l’unico lavoro in cui devi dimostrare all’orchestra prima di tutto la capacità tecnica. In Finlandia si usa suonare per sei minuti senza interruzione per capire se il rapporto con un nuovo direttore può funzionare”. Come si tiene allenato in questo periodo surreale?
“Nuoto, studio e meditazione. Ho appena debuttato al Teatro Comunale di Bologna, ovviamente vuoto. Il 30 aprile sarò al Musikverein con la Seconda Sinfonia di Carl Nielsen e il Concerto per violino di Mendelssohn”.