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Durante il fascismo e nel dopoguerra cantanti e artisti erano obbligati a scrivere di loro pugno ai teatri per ottenere scritture e contratti. Abbiamo ritrovato quelle lettere. Che rivelano un dietro le quinte inedito
Spaccati inediti: richieste, suppliche e capricci dei cantanti nella Scala fascista
La navigazione su Internet può riservare talvolta piacevoli sorprese. Al curioso esploratore è capitato di imbattersi casualmente in un prezioso giacimento di lettere, uscite chissà come e chissà quando dall’archivio del Teatro alla Scala e finite sul mercato antiquario. Sono centoundici lettere di cantanti o direttori d’orchestra indirizzate ai sovrintendenti o direttori artistici del teatro e abbracciano soprattutto il decennio fra il 1939 e il 1949, anche se non mancano documenti risalenti agli anni Venti. I prezzi di vendita variano da 70 a 180 euro, ma per un carteggio di più lettere si può arrivare a una quotazione di 350 euro. Molte sono
scritte a mano, altre a macchina; alcune sono riprodotte fotograficamente, ma in diversi casi bisogna rifarsi alle trascrizioni sul catalogo. Sono anni difficili, e non solo perché c’è una guerra in corso. Il fascismo aveva sostituito le agenzie private con uffici di collocamento governativi, attraverso i quali i teatri contattavano gli artisti. Molti dei risvolti pratici dei contratti (dal numero di recite ai cachet) venivano poi definiti tra l’artista stesso e il teatro, nella persona del sovrintendente o del direttore artistico. Sono questi i punti da cui prende origine la corrispondenza, che rivela spesso situazioni private. Scorrendo queste lettere, si ha la sensazione di entrare nelle stanze dove nascevano le stagioni d’opera scaligere e a volte anche nella sfera intima dei protagonisti.
“Mi meraviglio di voi, fascista della prima ora”
Un buon numero di messaggi postali ha come destinatario Jenner Mataloni, sovrintendente del Teatro alla Scala dal 1932 al 1942. Con lui si era completata la fascistizzazione dell’amministrazione della Scala. Mataloni non era musicista e non aveva esperienza di gestione teatrale, ma aveva dimostrato di sapersi destreggiare nel ruolo e si era innamorato del teatro. Benché uomo del partito, non fece questioni a chi non aveva la tessera e dopo la promulgazione delle leggi razziali cercò di difendere a oltranza il maestro del coro Vittore Veneziani. Che non si facesse condizionare dalla politica, sembra confermarlo la lettera a lui indirizzata dal soprano Gina Bernelli in data 22 settembre 1940: “Mi avete detto che i Maestri presenti alla mia audizione si sono espressi nel senso che io non sono elemento adatto ad interpretare alla Scala parti di primo piano… Io mi meraviglio di Voi, uomo nuovo, fascista della prima ora, non manifestate energia reazionaria abbastanza, non fate largo ai giovani”. La protesta non viene raccolta, perché la Bernelli non debutterà mai alla Scala. Va meglio a Tito Gobbi, che il 26
agosto 1940 rivolge a Mataloni questa richiesta: “Illustre Commendatore, è mio vivo desiderio cantare al Teatro alla Scala, e poiché mi fu impossibile fare l’audizione nel giugno scorso a causa del mio richiamo alle armi, oso richiedere alla vostra cortesia di farmi sapere se fosse possibile un’audizione nella prima quindicina di settembre”. L’audizione è concessa e felicemente superata: il 29 marzo 1941 il baritono comincia la sua brillante carriera scaligera con un ruolo da comprimario nella Fedora. A un sovrintendente può capitare anche di dover trovare un certo numero di poltrone per la primadonna a due giorni dalla recita. Lettera di Toti Dal Monte datata 7 dicembre 1939: “Per la prima di Linda ho assoluto bisogno di 6 poltrone. Siccome posso avere col 50% quattro poltrone e due poltroncine, vi sarei grata se mi concedeste di cambiare le due poltroncine in poltrone, s’intende sempre pagandole collo sconto…”. Non c’è da dubitare che la scaltra Toti abbia avuto quel che voleva: la Linda di Chamounix, nella serata di gala per l’apertura della Fiera Campionaria, è un suo personale trionfo: l’ultimo in quel teatro.
“Vi sarà spiaciuto sapere che ho cantato al Lirico”
Per Mataloni non doveva essere sempre facile avere a che fare con le dive dell’opera. Il soprano Iris Adami Corradetti gli scrive così: “Mi risulta che vi sia spiaciuto ch’io abbia cantato la Butterfly al Lirico e non vi abbia telefonato almeno per chiedervi in merito a una eventualità scaligera. In fondo mi fa piacere perché vedo che non sono completamente dimenticata. Ma vi scordate che nel maggio scorso, mi avete detto che nella prossima stagione avreste dato Butterfly all’Albanese”. Una piccola rivincita, insomma, per essersi sentita ignorata a favore di
un’altra cantante. Più sottile il soprano Maria Carbone, che manda a Mataloni sue notizie da Trieste: “Vi accludo la critica avuta ier sera in Iris nell’occasione dell’inaugurazione della stagione al teatro Verdi. Credo che possa interessarVi”. Senza tanti giri di parole, il soprano Bruna Dragoni, in evidente confidenza con il sovrintendente, firma una risentita lettera di protesta il 21 ottobre 1940: “Caro Jenner, sono venuta a sapere che hai affidato ad altra artista la parte di Gasparina nel Campiello. Poiché nella compagnia, si può dire stabile, di Guarnieri sono l’unica esclusa, dichiararti che ne sono addolorata è dirti poco”. Da qui, la richiesta di essere risarcita dell’ingiustizia patita: “Nel vostro repertorio c’è un’altra parte che mi sta altrettanto bene e che ho già studiata: quella di Tonietta nel Malato immaginario… e così avrai anche fatto quell’equa distribuzione di lavoro agli artisti che è nelle tue direttive e nello spirito fascista”. Per motivare ulteriormente la propria delusione, allega una lettera del compositore Wolf Ferrari: “Come vedrai dalla lettera che ti accludo, lo stesso Wolf Ferrari era convinto che la parte di Gasparina, dopo quaranta recite che ne ho fatto, sarebbe toccata a me”. Risultato: la Dragoni ha la parte nel Malato imaginario e canta anche nel Campiello dopo le prime recite affidate a Mafalda Favero. Chiude la carriera proprio con quel Campiello e anni dopo, con lo pseudonimo Rossana Senda, comincerà a scrivere romanzi rosa.
“Qualunque cosa pur di far parte dell’elenco scaligero”
È commovente la lettera listata a lutto inviata da Roma a Mataloni dal mezzosoprano Elvira Casazza, in data 24 ottobre 1940. L’artista ha da poco perso l’unico figlio, ucciso al fronte. “Gentile Commendatore, con animo grato ho il piacere di comunicarVi il successo ottenuto in Falstaff. A Voi debbo la gioia di questo trionfo, a Voi debbo il conforto che il mio animo ha trovato. Siete stato d’una bontà commovente, ed a Voi penso come ad un fratello, come ad una persona cara alla quale si desidera ogni bene. Posso assicurarvi che senza il Vostro gentile interessamento sarei stata esclusa dal cartellone del Reale… Sono sicura che la mia creatura dal cielo mi ha ispirata a ricorrere a Voi dandomi il coraggio di chiedervi aiuto…”. Poi chiede un ruolo alla Scala: “Se non sarà per quest’opera spero in qualche altra parte, qualunque cosa sia pur di far parte dell’elenco scaligero”. Viene accontentata nel febbraio di due anni dopo con la parte della strega Marzapane in Hänsel e Gretel: è la sua ultima presenza alla Scala. Triste anche
(continua da p. 35) Rosetta Pampanini (1896-1973) Soprano, dotata di voce molto espressiva, grande interprete pucciniana. Giulietta Simionato (1910-2010) Mezzosoprano, una carriera di 39 anni, è scomparsa quasi centenaria. Franca Somigli (1908-1974) Soprano americano, il suo vero nome era Marion Bruce Clark.
Set Svanholm (1904-1964) Tenore, uno dei maggiori specialisti wagneriani della sua generazione.
Giuseppe Taddei (1916-2010) Baritono, si arruolò nel 1942 e fu internato in Germania.
Corrado Zambelli (1897-1974) Basso, ha cantato molto in Italia, ma anche in Brasile e in Australia. Nomi citati Franco Abbiati (1898-1981) critico musicale Maria Caniglia (1905-1979) soprano Mafalda Favero (1903-1981) soprano
Wilhelm Furtwängler (1886-1954) direttore d’orchestra Antonio Guarnieri (1880-1952) direttore d’orchestra Ermanno Wolf Ferrari (1876-1948) compositore
Opere citate Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea Il Campiello di Ermanno Wolf Ferrari La donna serpente di Alfredo Casella Falstaff di Giuseppe Verdi
Fedora di Umberto Giordano Hänsel e Gretel di Engelbert Humperdinck Iris di Pietro Mascagni Madama Butterfly di Giacomo Puccini Il malato immaginario di Jacopo Napoli Linda di Chamounix di Gaetano Donizetti Re Hassan di Giorgio Federico Ghedini Tannhäuser di Richard Wagner
La Tetralogia (L’anello del Nibelungo) di Richard Wagner