La Chiesa che sdoganò i madrigali profani in nome dell’“audience”
Tra ‘500 e ‘600 la Chiesa ha necessità di attirare fedeli. Per questo riadatta i madrigali profani alle necessità liturgiche. Ispirandosi al modello veneziano. Ora la Cappella Marciana ricostruisce questi “adattamenti spirituali”
La definizione a noi più comprensibile per il nuovo genere musicale che prese vita all’inizio del XVII secolo nell’Italia nord-occidentale è stata data da uno dei suoi principali artefici, Aquilino Coppini: “Musica tolta da i madrigali e fatta spirituale”. In pratica, accade che una ben definita cerchia di letterati e musicisti si cimenti nell’impresa di trasformare alcuni madrigali, sostituendone il testo originale con versi in lingua latina ad argomento sacro. Non è una semplice traduzione dei versi, come accade talvolta nelle edizioni inglesi dei madrigali italiani, ma una vera e propria sostituzione del testo con un altro avente argomento completamente diverso. A parte le opere di Monteverdi, del cui valore tutti erano certi, la maggior parte del materiale di partenza non proviene da pubblicazioni di singoli autori ma piuttosto da raccolte molto conosciute, contenenti, ad esempio “una scielta di migliori madrigali che hoggidì si cantino” (H. Waelrant, Antwerpen, 1585) oppure “i più excellenti madrigali” (P. Phalesio, Antwerpen, 1583). I nuovi testi dovranno rispettare fin che è possibile le immagini poetiche e gli affetti dell’opera originale. Certo, non è facile l’individuazione di passi biblici o testi liturgici aventi queste caratteristiche, per cui spesso si ricorre alla creazione ex novo di versi latini utilizzando anche termini inusitati pur di riuscire nell’impresa. La destinazione di queste opere modificate è certamente l’edificazione spirituale, ma lo stesso Coppini, nelle sue dediche, lascia chiaramente intendere che questa musica è da eseguirsi in chiesa. Nonostante lo stretto divieto del Concilio di Trento di utilizzare madrigali in ambito liturgico e quindi la loro implicita condanna dal punto di vista morale, quest’operazione di recupero avviene alla luce del sole, in una delle regioni, tra cui la stessa diocesi di Milano, dove la riforma cattolica era stata portata avanti con maggior zelo. Simone Molinaro è maestro di cappella del duomo di Genova mentre Aquilino Coppini non esita a dedicare le sue opere all’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Federico Borromeo. Non risultano contrarietà sull’operazione da parte dei compositori viventi, tra i quali lo stesso Monteverdi. Già da più di un secolo, alcune forme popolari profane erano state trasformate in laude o laudi spirituali con procedure analoghe, per cui è probabile che quest’operazione non li abbia colti di sorpresa. È difficile pensare che costoro ignorassero quanto stava accadendo, poiché queste raccolte di madrigali sono pubblicate sia in località di provincia come Loano, ma vanno in stampa anche a Milano e a Venezia ovvero la principale vetrina del mondo musicale europeo di allora. Anzi, desta stupore il fatto che nel 1625, proprio
mentre Monteverdi è maestro di cappella della basilica di S. Marco in Venezia, Leonardo Simonetti, un suo cantore, pubblichi una raccolta che contiene il mottetto Anima miseranda composto dall’agostiniano Carlo Milanuzzi, organista della vicina chiesa di S. Stefano, in cui è riutilizzato il testo con cui Coppini aveva elaborato il madrigale Anima dolorosa del Monteverdi stesso. Questo ci induce a pensare che queste forme circolassero anche negli ambienti della Serenissima. La domanda che viene da porsi è: com’è possibile che, dopo aver compiuto numerosi sforzi per purificare la liturgia da ogni presenza di forme profane, gli ambienti cattolici cerchino ora di recuperare così tenacemente il madrigale? La prima cosa da notare è che, se ne è stato vietato l’uso, certamente, prima del Concilio di Trento, il madrigale era utilizzato anche all’interno della liturgia. La forma musicale di molti madrigali antecedenti al 1560 non differisce particolarmente dalle opere liturgiche contemporanee e i testi, pur essendo “profani”, spesso non hanno nulla di “sconveniente”. È nel periodo successivo che il madrigale si stacca dal mottetto acquisendo una sua fisionomia autonoma, in cui i compositori sperimentano e ricercano nuovi affetti, in cui trovano spazio sentimenti e passioni, in cui l’amore, anche carnale, rimane uno dei principali protagonisti. In seguito a ciò, il madrigale diventa in poco tempo la forma polifonica che desta maggior interesse e che mette maggiormente in luce il genio creativo del compositore. Questo stato di fatto non può sfuggire a molti cattolici. Escludendo dalle chiese le forme musicali ritenute non adeguate, è andata persa un’importante occasione per attirarvi “pubblico”. Si tenga ben presente che mai come in questo periodo la Chiesa Cattolica stava scommettendo sulla musica, impiegando ingenti risorse al fine di educare ed evangelizzare i popoli. Alla fine del Cinquecento le cappelle musicali fioriscono e abbondano ovunque. La produzione di musica sacra non è mai stata così intensa, per cui diventa importante dare spazio, nelle chiese, alle opere di maggior va
lore e interesse musicale. Se nella Serenissima il mottetto e la messa si sono evoluti in modo tale da non far rimpiangere il madrigale, così non è avvenuto nel nord-ovest italico. Qui la necessità di portare musica di alto livello all’interno delle chiese comincia a diventare impellente. Non c’è stato un adeguamento della musica sacra tale da soddisfare gli ambienti ecclesiastici locali. La musica veneziana, che eventualmente si potrebbe importare, richiede un ingente numero di esecutori non sempre disponibili, per cui la soluzione più percorribile del problema sembra essere, dunque, il nostro madrigale reso spirituale, ovvero una sintesi che abbina musica di altissimo valore espressivo con testi particolarmente affini alla sensibilità cattolica del momento. Per questi motivi il tentativo è portato avanti con molta determinazione e il risultato è certamente degno di interesse. Eseguire madrigali come se fossero mottetti può essere una sfida che è possibile raccogliere anche oggi? In un’epoca in cui la filologia ha acquisito grande importanza, l’avvicinarsi a queste opere “spurie” o “contraffatte” potrebbe sembrare un’operazione di scarso interesse. Eppure sotto tali sembianze modificate, questi madrigali sembrano ritrovare una dimensione comunicativa elevata che altrimenti noi oggi faticheremmo a percepire.턢