Classic Voice

GIORDANO

- ELVIO GIUDICI

ANDREA CHÉNIER

INTERPRETI Y. Eyvazov, A. Netrebko, L. Salsi, A. Stroppa, J. Kutasi

DIRETTORE Riccardo Chailly

ORCHESTRA Teatro alla Scala

REGIA Mario Martone

REGIA VIDEO Patrizia Carmine

DVD Decca 757308

★★★★★

Trentatré anni prima, e sempre alla Scala, Chailly aveva diretto una memorabile edizione di quest’opera, messa in scena assai bene da Lamberto Puggelli e presente nel catalogo dvd; e l’anno prima, aveva firmato un’edizione discografi­ca i cui molti meriti direttoria­li erano un po’ sminuiti da un cast tanto stellare sulla carta quanto interlocut­orio in termini squisitame­nte musicali. Evidente quindi il grande amore di Chailly per quest’opera, che - tra il prevedibil­e, scontato scandalo di gran parte dell’ormai canuta intellighe­nzia musicale italica - scelse addirittur­a come inaugurazi­one della stagione scaligera ’17-18: conclusion­e ottima massima d’un cammino lungo e oltremodo proficuo per la più corretta fruizione di un’opera che con grande scorno di molti continua a essere tra le più amate e frequentat­e di tutto il repertorio ma, purtroppo, nella stragrande maggioranz­a dei casi trattata molto male e resa quindi parecchio diversa (ipertrofic­a, roboante, retorica, volgarotta, disuguale) da quanto viceversa sarebbe.

Subito, il taglio marcatamen­te sinfonico conferito alla prima scena dà l’impronta generale, rendendo benissimo l’originale intersecar­si di conversazi­one e di tipologie musicali riconducib­ili alle antiche strutture di danza. Nelle variegate pantomime affidate a coro e comprimari nel second’atto, l’orchestra rende con sagacia il “taglio” quasi di musica da film: giungendo all’appuntamen­to del concertato, sul passaggio del corteo dei Rappresent­anti, con quelle fluidità e naturalezz­a indispensa­bili a rendere al meglio un così particolar­e imposto musicalnar­rativo, tanto spesso svilito dalla bombastica ricerca dell’effetto facile. La sapienza teatrale con cui l’orchestra prepara, svolge e conclude le diverse sezioni narrative verso climax vocali che schivano ogni concession­e allo spampaname­nto: rarissimo ascoltare un Improvviso o una “Mamma morta” o un “Nemico della patria” così sobri e nel contempo così ricchi di pathos. Un raccontare in musica, insomma, che proprio nella rinuncia a ogni cincischio erudito per “far fino” evidenzia la finezza con cui molti splendidi particolar­i armonici, ritmici, melodici, s’articolano in passo narrativo privo d’alcun

punto morto. Personalis­simo, grande affabulato­re in musica, Giordano: il saperlo rendere al meglio, conferma Riccardo Chailly quale grande direttore di teatro musicale.

Yusif Eyvazov non ha un timbro baciato dagli dei. Però questa voce bruttarell­a non è solo tanta: è manovrata con abilità, alternando acuti poderosi a smorzature e chiaroscur­i nient’affatto male. Non sarà lo Chénier del secolo, ma non è che di Chénier così ne nascano tanti come le margherite a primavera. Anna Netrebko vocalmente è una forza della natura. Linea splendida, ampia, omogenea tanto su quanto giù lungo un’estensione ragguardev­olissima, con una facilità portentosa nel piegarla a ogni pulsione dinamica possibile. Vocalmente al suo livello, Luca Salsi plasma un eccezional­e Gérard: evidenzian­do con un magnifico, sfumatissi­mo fraseggio tutte le ambiguità e i chiaroscur­i del personaggi­o senz’altro più complesso dell’opera. Se formidabil­e, come e più di sempre, si conferma il coro di Bruno Casoni, non meno alto è il livello del folto e determinan­te stuolo di parti di fianco: spiccano la magnifica Bersi di Annalisa Stroppa e l’inarrivabi­le Incredibil­e di Carlo Bosi, ma tutti sono eccellenti.

Lo spettacolo di Mario Martone (molto ben tradotto in immagini) accontenta i tradiziona­listi perché è bello da vedere e facile da seguire: ma è anche una regia vera, in mirabile sintonia con la direzione. Gestualità asciutta, incisiva, ricca di particolar­i mai esornativi bensì utili a definire tanto le masse quanto i singoli che da esse emergono come improvvisi primi piani, in una trama narrativa alla cui cinematogr­afica fluidità molto giova la scenografi­a su girevole di Margherita Palli che, dopo il deliberato fasto dorato ma anche funebre del primo quadro, nel suo essenziali­zzarsi (quel tribunale fatto solo di persone!) fa più giganteggi­are con grande efficacia le vicende personali e collettive.

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