La linea POLLINI
Da Schumann a Nono per il grande pianista al centro di un Festival che regala una “prima” assoluta di Aperghis e fa ascoltare l’impegnativa scrittura di Netti
D’UN COMUNE SENTIRE
FESTIVAL MILANO MUSICA
INTERPRETI Maurizio Pollini, André Richard, Quartetto Tana, mdi Ensemle, L’instant donné
LUOGHI vari
★★★★★
Nel 2021 il festival Milano Musica, che compie 30 anni, si svolge in due fasi, a maggio e dal 21 settembre alla fine di novembre, e nel ricco calendario riprende anche le proposte della precedente sfortunata edizione (“Caminantes”) in gran parte cancellata dal lockdown. La riapertura delle sale, con il pubblico limitato, ha consentito finalmente di ascoltare al Conservatorio il concerto donato da Maurizio Pollini a sostegno del Fondo per la nuova musica “per la commissione
di nuove opere”. Al centro del programma, tra Schönberg e Schumann, c’era una memorabile interpretazione di …sofferte onde serene… (1976), il pezzo per pianoforte e nastro magnetico che Luigi Nono aveva scritto per e “con” Pollini (elaborando nella parte registrata il materiale pianistico che gli aveva chiesto). Già il poetico titolo annuncia una svolta dopo le esperienze che avevano trovato un’ultima sintesi in
Al gran sole carico d’amore; poi la scoperta dell’elettronica dal vivo avrebbe condotto Nono a nuove ricerche; ma l’intensità di questa pagina resta un momento a sé, di particolare significato, nel suo percorso. Il compositore dichiarò spesso che si era avvicinato al pianoforte, a lungo assente nel suo catalogo, grazie al suono di Pollini, e ogni volta che si riascolta l’insigne pianista interpretare …sofferte onde serene… ci si rende conto che questo pezzo è davvero nato per lui e che grazie a lui rivive con una intensità e una verità senza possibili paragoni.
A Milano la regia del suono di André Richard è stata esemplare ed ha assicurato un esito particolarmente felice nel rapporto tra pianoforte ed elettronica. Il calore delle accoglienze del pubblico era quello delle grandi occasioni, e davvero non ci si accorgeva che le presenze in sala erano forzatamente ridotte a circa un terzo di quelle che dovevano essere. Ciò vale anche per i capolavori di Schönberg con cui Pollini ha aperto la serata, i pezzi op. 11 e 19: è difficile immaginare una interpretazione che sappia mostrare con maggiore evidenza la grandezza di queste pagine e i caratteri spogli ed essenziali della scrittura pianistica di Schönberg. Il concerto si è concluso con Schumann, con la Arabeske op. 18, proposta con poetica nitidezza, e con la visionaria intensità dell’interpretazione della Fantasia in Do maggiore. La sera prima l’ensemble L’instant donné aveva presentato quattro pezzi di Georges Aperghis, una poetica pagina per clarinetto solo, Simulacre IV (1995), un umoristico dialogo tra un percussionista e il suo strumento, Le Corps à corps (1978), l’estroso Trio Funambule (2015) per pianoforte, sassofono e percussione e una novità assoluta,
D’un comune sentire, una pagina più ampia, composta lavorando in stretta collaborazione con l’ensemble cui era destinata, e caratterizzata dalla varietà e da insolite estrose combinazioni strumentali.
Nella densa programmazione è seguito il concerto di un giovane quartetto francese, il Quartetto Tana, fondato nel 2010, che accanto a un capolavoro del ‘900 storico, il Quarto Quartetto di Bartók, ha presentato in prima italiana le due novità per l’Italia per quartetto ed elettronica. In Leading Lines (2019) Ivan Fedele (1953) usa l’elettronica dal vivo come prolungamento del suono strumentale e articola questo suo quinto quartetto in cinque parti ben differenziate. Intorno alle “linee guida” del titolo si addensano suggestive stratificazioni sonore, coerenti con la ricerca sul suono cui da diversi anni si volge la ricerca di Fedele. In The Lehmann discontinuity Daniel D’Adamo (1966), compositore argentino che ora lavora in Francia, usa l’elettronica per amplificare piccoli gesti in un discorso che sembra perseguire un grande immediatezza. Di fortissimo impegno infine i due concerti in cui il mdi ensemble ha presentato due volte l’intero Ciclo dell’assedio (2001-2008) di Giorgio Netti (1963), quattro pezzi, che “scompongono” la formazione del quartetto d’archi usata in ) place(, cui segue rinascere sirena per trio, inoltre per 2 violini e tête per violoncello solo (senza arco) e voce preregistrata (quella, non riconoscibile, di una intervista di Giacometti). Su questi quattro lavori (in sé anche autonomi), che sembrano nascere da una originale e approfondita riflessione e ricerca sul suono degli archi, spesso in situazioni al limite (“sulla soglia”, direbbe l’autore), è impossibile qui un discorso adeguato; ma la proposta va subito ricordata come una delle più impegnative (per gli interpreti e per gli ascoltatori) di questo festival, una delle più congeniali alle qualità a all’approfondito lavoro del mdi ensemble.