Rof extra large
“Moïse et Pharaon” apre il 9 agosto un’ambiziosa edizione del Festival rossiniano. Vasilisa Berzhanskaya, Rosina televisiva cresciuta nell’Accademia pesarese, è l’attesa Sinaïde
Sarà Moïse et Pharaon (Giacomo Sagripanti sul podio dell’Orchestra Rai, regia di Pier Luigi Pizzi) ad aprire un 42° Rossini Opera Festival extra-large, con 25 spettacoli e 4 nuove produzioni. Dopo il titolo inaugurale, il 10 agosto arriverà Il signor Bruschino, quindi Elisabetta regina d’Inghilterra, Il viaggio a Reims dell’Accademia e ancora Stabat Mater in forma scenica. Nel mezzo tanti concerti fino al 22 agosto, quando il Gala Rossini chiuderà la rassegna inaugurando il nuovo Auditorium Scavolini, frutto del restauro di quel PalaFestival che sino al 2005 ha ospitato alcune pietre miliari del Rof. Tra i protagonisti più attesi della rassegna c’è il mezzosoprano russo Vasilisa Berzhanskaya, una delle voci rossiniane di oggi e, con tutta probabilità, di domani. Com’è nato il suo rapporto con Rossini?
“Sin dagli inizi i miei insegnanti mi hanno indirizzato verso questo repertorio, pensando che la mia voce fosse naturalmente predisposta. Poi sono entrata nell’Accademia rossiniana di Pesaro, che dà una preparazione specifica molto seria. Quando è arrivata l’opportunità di interpretare una parte impegnativa come la Marchesa Melibea, ho avuto la certezza di essere sulla strada giusta”.
Che differenze ci sono tra Rossini e “gli altri”?
“Innanzitutto la libertà. Rossini ti dà l’opportunità di essere tu stesso un piccolo compositore, poiché ogni parte può essere plasmata in modo unico”.
La tecnica vocale non sarà l’unico ostacolo per una voce russa nel repertorio italiano.
“Ci sono due difficoltà principali: la conoscenza della lingua e la pronuncia. È quasi impossibile padroneggiare i recitativi senza questi presupposti. Dal punto di vista fonetico, il russo e l’italiano sono lingue completamente diverse”.
Che parti rossiniane ha fatto finora?
“Ho cantato Rosina, Angelina, Melibea, Isabella e la parte del contralto nello Stabat Mater. Ci aggiungerò qualche debutto, come Sinaïde e Isolier”.
E ai ruoli Colbran ci ha pensato?
“È uno dei miei sogni. Zedda e Palacio mi consigliarono di prestarci attenzione già agli inizi. Sinaïde e poi Anna (Maometto II) saranno il primo passo in questa direzione”.
Guarda a qualche cantante del passato come modello?
“June Anderson è una grande fonte di ispirazione”.
Però oggi per essere un grande cantante la voce non basta.
“Sì, è vero, un cantante d’opera deve essere anche un bravo attore, possedere musicalità, personalità, però il segno distintivo è sempre la riconoscibilità del timbro vocale”.
Finora è rimasta in orbita belcanto e Mozart. Quando oserà qualcosa di più pesante?
“Penso che in futuro mi avvicinerò al repertorio romantico e drammatico, ma non ho fretta, sto molto attenta alle scelte di repertorio. Certo il sogno è cantare Norma, prima o poi”.
Tornando a Rossini, lei è stata protagonista del televisivo dell’Opera di Roma, un successo clamoroso.
Barbiere
“Sono felicissima di aver preso parte a uno spettacolo che passerà alla storia. Lavorare con degli artisti esperti come il maestro Gatti e Mario Martone è un grande onore. Ho un bellissimo ricordo di quei giorni di riprese”.
Dove la vedremo prossimamente?
“Nella prossima stagione debutterò a Monaco, Londra e al Festival di Aix-en-Provence. Per quanto riguarda l’Italia, tornerò al Maggio Musicale”.