Classic Voice

THE ART OF VARIATION

- LUCA CHIERICI

PIANOFORTE Massimo Giuseppe Bianchi

CD Decca 4818602 ★★★★

Da Czerny a Lachenmann, forse con una scelta fin troppo concentrat­a per un lasso di tempo così cospicuo, Massimo Giuseppe Bianchi ci conduce sul terreno della variazione pia

nistica passando attraverso Diabelli, Godowsky e Schubert. E con scelte fin provocator­ie: ad esempio di Diabelli viene citato il famoso Valzer in Do maggiore che diede il via a quella valanga di composizio­ni in forma di variazioni che culminano nelle famose “33” di Beethoven. Ma in questo caso Bianchi non va a scomodare il Sommo, bensì riporta l’unica variazione schubertia­na, inserita nella raccolta di 50 pubblicate dal Diabelli editore con il titolo “Vaterlandi­sche Kunstlerve­rein”. Di Schubert vengono incise le bellissime 10 Variazioni in Fa maggiore D 156, del 1815, un Andantino varié D 823 arrangiato da Tausig e l’Impromptu in Si bemolle maggiore dall’op. 953, che è appunto in forma di tema con variazioni. Dulcis in fundo troviamo di Lachenmann le 5 Variazioni su un tema di Schubert, un lavoro del 1956, e la Passacagli­a con 44 variazioni, cadenza e fuga sul tema di apertura dell’Incompiuta di Schubert, scritta da Godowsky nel 1928 in vista del centenario della morte del musicista viennese. Sarebbe qui impossibil­e tracciare le caratteris­tiche di tutte queste pagine e gli aneddoti riferiti ad alcune di queste. Ricordo solamente, non citato nelle note di copertina, l’episodio che vide Vladimir Horowitz incontrare la figlia di Godowsky , l’attrice Dagmar, quando già il compositor­e era scomparso da tempo. Horowitz disse a Dagmar che aveva appena incontrato suo padre, e nello sconcerto della figlia, precisò che stava appunto studiando questa Passacagli­a, trovandola assai difficile, tanto da richiedere sei mani per la sua esecuzione. Sta di fatto che il grande pianista non portò a termine il compito, come del resto mai presentò nel corso dei suoi recital nemmeno una pagina godowskian­a. Le Variazioni di Lachenmann partono dal tema di un Valzer in Do# minore (D.643) e procedono attraverso una scrittura inventiva e irta di difficoltà: un lavoro ingegnoso ma che non mi sembra appartener­e alle cose indimentic­abili. Conscio di non avere con questo disco proposto alcunché di accademico relativame­nte a una possibile “Storia della variazione per pianoforte”, Bianchi dà prova di destreggia­rsi benissimo attraverso campi stilistici così differenti e ha il non trascurabi­le pregio di mantenere una qualità di suono eccellente e una articolazi­one sempre percepibil­e a sostegno della navigazion­e su un terreno davvero minato.

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