GLORIA A VENEZIA!
MUSICHE DI G. GABRIELI, GUAMI, WILLAERT, LASSO ENSEMBLE La Guilde des Mercenaires
CORNETTO E DIREZIONE
Adrien Mabire
CD Château de Versailles
CVS041 ★★★★★
Sorprende e diverte questa professione di patriottismo marciano in un ensemble che fa base nella reggia di Versailles, tempio supremo per la musica gallica del Grand Siècle, e che anzi si presenta con guascona metafora come “una compagnia di mercenari al soldo del maestro Giovanni Gabrieli”. Tuttavia, al netto delle iperboli di marketing, i sei cantori e i cinque strumentisti del complesso francese risultano una ben oliata macchina da guerra, sostenuta da una ricerca musicologica che sa delineare i rapporti di scambio fra la basilica dogale di Venezia e i maestri fiamminghi Willaert e Orlando di Lasso, mediati dai soggiorni a Monaco di Gioseffo Guami e dello stesso Giovanni Gabrieli nonché della circolazione europea di edizioni a stampa. Nelle note di copertina non si manca neppure di ammettere con franchezza qualche limitato compromesso (da monocorale a policorale, surrogazione strumentali di voci umane mancanti). Sono insomma onesti mercenari e talvolta autentici paladini, come il versatile baritenore Marc Mauillon, l’emergente contraltista Marnix de Cat e il capitano di ventura Adrien Mabire, sempre pronto a cavalcare con acrobatiche fioriture il suo cornetto nella doppia versione diritta e ricurva.
Del principale festeggiato si presentano lavori precoci dai Concerti di Andrea, et di Gio: Gabrieli (1587) e dal primo libro delle Sacrae Symphoniae (1597); pagine di altri autori sono ancora più antiche, sicché l’insieme rimanda ad un repertorio grosso modo coevo a ciò che poterono udire i reduci di Lepanto e della guerra di Cipro. Pur fra le alterne fortune belliche, quello fu per la Repubblica di San Marco un momento esaltante, tradottosi in autorappresentazioni di potenza che i Mercenaires non mancano di onorare con sonorità rotonda e baldanzosa, valorizzata dalla generosa spazializzazione della presa fonica e dal gagliardo basso generale dell’organo, copia di un Silbermann del 1730. D’accordo, è un altro compromesso… Accurata la dizione dei testi in latino ecclesiastico e in francese arcaico; voci umane, cornetti e tromboni fanno a gara di agilità e passaggi diminuiti. Se una piccola riserva si può opporre a una produzione tanto estroversa, è che i due soprani femminili appaiono talora in affanno all’estremo acuto della tessitura. Sarà forse un problema di diapason? L’argomento è
da sempre dibattuto fra gli specialisti; pare tuttavia che a San Marco, secondo una testimonianza del 1582, gli organisti fossero “sforzati suonare fuor di tuon più basso per accomodar li cantori”, sicché non parrebbe troppo antifilologico rimettere in onore tale pratica.