Marescialla delle NEVI
Damiano Michieletto si misura magistralmente con lo scorrere del tempo, mostrando le vite “a matrioska” della protagonista. Presto in Italia
VILNIUS STRAUSS
IL CAVALIERE DELLA ROSA INTERPRETI J.Gedmintaitè, J.Kordic, A.Pesendorfer, L.Dambrauskaite, A.Malikénas
DIRETTORE Sesto Quatrini REGIA Damiano Michieletto TEATRO Opera Nazionale
Lituana ★★★★
Niente Settecento e relativa celebrazione nostalgica della gerarchia asburgica. Solo i personaggi, e quello della Marschallin, in particolare. La quale si definisce compiutamente nei due grandi monologhi del prim’atto, là dove principia a riflettere su se stessa ricercando “le nevi dell’anno passato”. Il Tempo, con la sua semina di ricordi e il suo raccolto di rimpianti e melanconie, regge l’intera narrazione. Una narrazione infarcita di rimandi e metafore, tutte perfettamente leggibili. Il nano vestito d’argento che porta in mano la “palla con la neve” e la depone sulla camera da letto della Marschallin, che con la consueta sua sbalorditiva tecnica Paolo Fantin pone arretrata in alto e di sbieco facendone una sorta di matrioska prospettica aprendone sul fondo un’altra identica a fungere da luogo della Memoria: Marschallin bambina e poi adolescente impiegata come merce nuziale da un marito freddamente affettuoso, che “si vede” anche vecchia. Il lato cicciosamente comico dell’opera, centrato su Ochs (il Bue) è metaforizzato in un’enorme mucca pezzata circondata da contadinotte che la mungono mentre lui vorrebbe mungere loro, raccontando della sue prodezze sessuali. Sedici orologi compaiono nel celebre monologo, Octavian
vorrebbe fermarne le lancette ma il nano d’argento glielo impedisce. La neve cade sul finire del prim’atto, la Marschallin prova a raccoglierne i fiocchi entro un bicchiere che ricompare alla fine, ormai conscia che le sue nevi sono ormai sciolte in acqua: lei la versa lentamente (il “bicchiere d’acqua pura” di Arabella…) mentre i due adolescenti, in alto, si sdraiano sulle alte dune nevose che hanno sepolto la sua stanza. Adolescenti che l’empito sentimentale ha mutato in adulti: metafora di tale trasformazione ne è il corvo (da sempre visitato in tal senso dalla letteratura alta e bassa, dai miti nordici a Poe fino al celeberrimo fumetto di James O’Barr), che proprio la Marschallin tiene in mano al principiare del terz’atto, quando s’organizza la serata che staccherà Sophie da Ochs e a farlo è proprio lei, che durante tutto il second’atto avevamo visto sola, in alto, aggirarsi tra le nevi come se immaginasse lo sbocciare dell’attrazione di Octavian che significa gelo per lei. Altre nevi d’un giovane amore… ma le ultime note sono per lo stesso nano argentato custode del Tempo con la sua palla di vetro con la neve… tempus fugit. Sempre. Per tutti. Sesto Quatrini è da tre anni direttore musicale e artistico dell’Opera di Vilnius, e qui dirige magistralmente. Il tipico impianto straussiano, dove continuamente si rimpallano sincerità emozionale e intellettuale distacco, è dipinto con un pennello provvisto di tecnica fuori dal comune: prodigo non solo di morbidi colori ma ancor più di ombrose sfumature; serrato in una tensione cantabile che una calibratissima propulsione dinamica rende ovunque, anche nel più sommesso dei ripiegamenti, debordante d’energia; ogni indugio propiziato da certi squisiti ritenuti subito dissolti in riprese ritmiche per realizzare con estrema fluidità quella conversazione musicale che è muro maestro di questo supremo teatro in musica. Cast di grandi attori che cantano piuttosto bene. Joana Gedmintaitè ha voce un filo esile per la Marschallin, ma “abita” il personaggio in modo superbo. Jlena Kordic ha fisico e linea vocale perfetti per Octavian, laddove la Sophie di Lina Dambrauskaite è di vetrosità alquanto eccedente nel registro superiore. Domina il cast l’austriaco Albert Pesendorfer: qualche ruga vocale incisa dalla non verde età non la fa notare più di tanto la debordante vitalità priva d’ogni sia pur minima caduta gigiona. Magnifico il Faninal di Arunas Malikènas, ottimi i numerosissimi ruoli di fianco: segno della salute invidiabile posseduta da questo lontano ma vitalissimo teatro.