Cage tra gli ULIVI
Dopo un anno di stop, è tornato l’Amiata Piano Festival. La capienza dimezzata stimola proposte audaci
AMIATA AMIATA PIANO FESTIVAL
MUSICHE Harrison , Cage, Glass, Mozart
INTERPRETI E. Arciuli, M. Baglini, S. Chiesa, P. Haas, T. Bloch, Nuovo Trio Italiano d’archi
La capienza dimezzata, auspicavano molti, avrebbe fatto nascere nuove idee sulla varietà dei programmi. Non più schiavi del botteghino, gli organizzatori musicali si sarebbero potuti dedicare più alla ricerca che al consenso immediato. Una bella utopia. Come si è visto, solo alcune istituzioni hanno saputo far di necessità virtù, rimanendo (molte di esse) aggrappate a un’offerta rassicurante, ma poco sintonizzata con i tempi. Dopo un anno di stop, Amiata Piano Festival ha riaperto il Forum Fondazione Bertarelli - un auditorium-gioiello innalzato in mezzo a ulivi e vigneti - con una programmazione fuori dagli schemi. L’ha dimostrato subito la serata che il 30 luglio ha inaugurato la lunga maratona concertistica disegnata dal direttore artistico Maurizio Baglini, un “Viaggio americano per cinque tastiere” (pianoforte, clavicembalo, toy piano, pianoforte preparato ed elettrico e keyboard sampler), con autori del Novecento Usa, da Lou Harrison a John Cage, da Philip Glass a Kyle Eugene Gann, fino a Frederic Rzewski, una maratona in cui Emanuele Arciuli ha danzato duettando con le amplificazioni e i software che moltiplicano timbri e altezze, in una gamma di dimensioni quantomai estesa, da quella ludica del toy piano a quella tormentata di The Perilous Night, due estremi della complesso universo cageano. Per dire della libertà di programmare, anche rischiando, va citata la serata di Sentieri Selvaggi di Carlo Boccadoro, le Bachianas Brasileiras di Villa-Lobos per otto violoncelli (la Quinta con soprano) “diretti” da Silvia Chiesa e l’ultimo concerto, a fine agosto, giocato sull’inaspettato sodalizio tra glassharmonica e arpa. Thomas Bloch (uno dei virtuosi di questo strumento, ingaggiato anche per la registrazione della colonna sonora di Amadeus) si è trovato in perfetta consonanza d’intenti con l’arpa di Pauline Haas, accostando autori celebri (Adagio e Rondò K 617 di Mozart) a vere scoperte, come il Kleine Tönstucke di Karl Leopold Rölling, uno dei massimi virtuosi settecenteschi di questo strumento passato alla storia per la scena della pazzia della Lucia di Lammermoor.