Addio Bernard, genio prudente
Con Haitink scompare un totem del podio: cresciuto nell'Olanda nazista, arrivò tardi all'opera ed evitò le avanguardie. Debuttò alla Scala solo a 87 anni. A 90 salvò la Mozart
La vita è stata generosa con Bernard Haitink, il direttore olandese che non aveva paura di invecchiare perché diceva che i grandi capolavori della musica possono rivelare i loro segreti soltanto quando la maturità avanza. Haitink se n’è andato a 92 anni, lo scorso 21 ottobre a Londra, e proprio nell’ultima fase della sua lunga carriera artistica ha toccato i risultati più alti, ammirato come uno dei grandi vecchi della direzione d’orchestra. Era nato ad Amsterdam il 4 marzo 1929 e la sua giovinezza era stata angosciata dall’occupazione nazista. Diceva che se la guerra non avesse eliminato tanti musicisti di valore, forse la sua storia sarebbe stata diversa. Fatto sta che, dopo aver cominciato come violinista nel 1956, a 27 anni era già direttore dell’Orchestra sinfonica della Radio Olandese e a 32 si ritrovò sul podio del Concertgebouw (dove aveva debuttato sostituendo Carlo Maria Giulini), prima condividendo la responsabilità con Eugen Jochum e poi al comando da solo fino al 1988. Arrivò tardi all’opera, ma dal 1977 al 1988 fu direttore musicale del Festival di Glyndebourne e dal 1987 al 2002 della Royal Opera House. Invitato dalle maggiori orchestre sinfoniche, ha avuto incarichi alla London Philharmonic, alla Staatskapelle e alla Chicago Symphony. Nel 1989 era con Daniel Barenboim uno dei grandi favoriti per la sostituzione di Herbert von Karajan alla direzione dei Berliner, prima che la scelta cadesse a sorpresa su Claudio Abbado. Haitink non aveva facilità di studio, gli serviva tempo per assimilare un’opera musicale. Ma quando aveva completato questo lavoro di approfondimento, il risultato era sempre notevole. In possesso di una superba tecnica direttoriale, piaceva agli orchestrali per il suo gesto chiarissimo e anche ai solisti che lavoravano volentieri con lui. Molto impegnato sul fronte discografico, ha lasciato testimonianze importanti come interprete delle sinfonie di Mahler, Bruckner, Sostakovic e in genere di tutto il grande repertorio sinfonico da Haydn fino al primo Novecento. Diceva di sentirsi inadeguato ad affrontare Bach come la musica d’avanguardia e restò coerente a questa convinzione. Nel campo dell’opera, le sue preferenze andavano a Mozart, Wagner e al Verdi maturo. Una volta confessò: “non sono modesto, altrimenti non avrei fatto il direttore d’orchestra”. Ma dopo aver ascoltato Carlos Kleiber dirigere Otello, annunciò che non si sarebbe più misurato con quel titolo. Personaggio schivo e solitario, quando era direttore del Covent Garden fu criticato perché non partecipava alle conferenze stampa di presentazione delle stagioni. Poteva avere atteggiamenti anche sgradevoli, e non fu gentile con Riccardo Chailly, suo successore al Concertgebouw, il quale comunque, da vero signore, continuò a cedergli il camerino del direttore musicale ogni volta che tornava a dirigere l’orchestra. Con il nostro paese Haitink non ha avuto quasi rapporti per molto tempo. Ma nel dicembre 2013 accettò di sostituire Abbado in un già programmato concerto dell’Orchestra Mozart con Maurizio Pollini. E fu ancora lui, tre anni dopo, a riportare in vita la stessa orchestra dirigendola a Bologna e all’estero. Può sembrare incredibile che non sia mai salito sul podio dell’Orchestra del Teatro alla Scala fino al 2016, quando, all’età di 86 anni, fu convinto da Alexander Pereira a dirigere il Requiem di Brahms. Si parlò di “debutto folgorante” e, un anno dopo, Haitink emozionò ancora i milanesi con la Missa solemnis di Beethoven.