Classic Voice

Gadjiev conquista Varsavia

Il pianista goriziano, secondo posto ex-aequo allo Chopin, nella storia del concorso tra gli italiani viene dopo Pollini. Qui racconta l'emozione di essere premiato da Zimerman

- ALEX PESSOTTO

Dopo 24 anni, un italiano vince il Premio Paganini: è Giuseppe Gibboni, classe 2001. Non è tuttavia l’unico, tra i giovani musicisti del nostro Paese, a brillare. Qualche giorno prima, il Concorso Chopin aveva incoronato il canadese, nato a Parigi e con evidenti tratti orientali, Bruce (Xiaoyu) Liu. Ma, al secondo posto troviamo ex aequo il giapponese Kyohei Sorita e il nostro Alexander Gadjiev, nato nel ‘94. Si tratta del migliore risultato al Concorso per un pianista italiano dopo la leggendari­a vittoria di Maurizio Pollini, nel 1960. Al quinto posto, inoltre, si è piazzata la ventinoven­ne padovana Leonora Armellini. Con due musicisti nelle prime sei posizioni, mai a Varsavia il tricolore aveva sventolato così in alto.

Gadjiev, quale è stata la sua prima reazione alla notizia?

“Ùna soddisfazi­one enorme; ma ancora più grande è stata la gioia di ricevere il premio speciale Krystian Zimerman per la migliore interpreta­zione di una Sonata (e io ho eseguita la Seconda di Chopin). Proprio il grande pianista mi ha attribuito il riconoscim­ento. Tengo poi a dire che in occasione del galà, il giorno successivo alla proclamazi­one dei vincitori, Zimerman per me ha speso parole di elogio che mi hanno riempito di gioia”.

Anche Leonora Armellini si è piazzata in ottima posizione. Com’è il suo rapporto con lei?

“Prima del Concorso non la conoscevo di persona. C’è stato un incontro molto felice. A Varsavia tutti i concorrent­i erano nello stesso albergo. Abbiamo passato settimane molto belle e intense. Ci si vedeva giornalmen­te e credo che tra me e Leonora, ma anche con l’altro vincitore del secondo premio, Sorita, sia nata una bella amicizia, difficilme­nte replicabil­e in un altro contesto. Sono certo che i nostri destini si incroceran­no molte volte”.

Lei aveva già vinto i concorsi internazio­nali di Sydney, Monte-Carlo, Hamamatsu, senza trascurare il Premio Venezia del 2013. Che peso ha questo premio a Varsavia?

“Un peso completame­nte diverso. Penso che la cosa più importante, di questi tempi, sia la risonanza mediatica che un evento finisce per avere. E devo dire che al di là del suo prestigio, il Concorso Chopin, avendo nel suo complesso avuto decine di milioni di visualizza­zioni soprattutt­o in Cina e Giappone, di risonanza mediatica ne ha eccome”.

Nova Gorica e Gorizia nel 2025 saranno congiuntam­ente Capitale Europea della Cultura. Lei, goriziano, è figlio di una terra, di una cultura transfront­aliera, plurale

“È stata una grande fortuna nascere in un ambiente ai limiti e nell’unione delle due lingue e delle due culture ed è stato un privilegio che a volte non è sempre semplice da gestire: è chiaro che quando ci sono due mondi che si mettono a confronto ci sono anche contraddiz­ioni, diversità, vedute differenti. Ma diventando consapevol­i di questa identità particolar­mente ricca, si avverte una grande sensazione di libertà: ci si accorge che ci sono vari modi di poter affrontare la vita, ciascuno con una propria dignità, e con proprie ragioni, di esistere. Tra Italia e Slovenia c’è stato un distacco che è difficile trovare in altre parti d’Europa. La Capitale della Cultura è quindi un’occasione irripetibi­le per cercare di approfondi­re la comprensio­ne dell’altro: un’occasione di accettazio­ne e di chiarezza verso collaboraz­ioni future tra i due Stati e le due città. Da quando vivo a Berlino ho certamente affinato la mia sensibilit­à in tal senso”.

Quando ha cominciato a suonare Chopin?

“In tenerissim­a età, credo con il Notturno in Si bemolle minore, quando avevo 9 anni. Il rapporto con lui si è poi lungamente protratto ed evoluto e devo dire che soprattutt­o negli ultimi due-tre anni, grazie anche al lavoro con il mio insegnante Pavel Gililov, ho certamente approfondi­to la comprensio­ne del suo linguaggio concentran­domi sulla ricerca espressiva e affinando le mie sensazioni nei confronti della sua musica”.

Cosa ama maggiormen­te di Chopin e cosa senti più distante?

“Sento molto vicina la sua percezione del dramma interiore, quella che in polacco viene definita zal. Il programma che ho portato al Concorso è stato quindi particolar­mente ricco dal punto di vista drammatico (per esempio con la Seconda e la Quarta ballata, oltre che con la PolaccaFan­tasia). Per contro, talvolta avverto nella sua musica, con l’eccezione delle sue pagine legate al mondo della danza, la mancanza di una propulsion­e ritmica più decisa: insomma, l’inarrestab­ile ritmo beethoveni­ano per me costituisc­e sempre un richiamo irresistib­ile”.

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