Sogno e SUONO
Il filologo Herreweghe centra il romanticismo della partitura di Mendelssohn attraverso i dettagli
SCHUMANN
CONCERTO PER PIANOFORTE E ORCHESTRA
MENDELSSOHN
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
VOCE RECITANTE W. Malosti
PIANOFORTE A. Lonquich
DIRETTORE P. Herreweghe
ORCHESTRA E CORO Accademia Nazionale di Santa Cecilia
PARCO della musica ★★★★
Se Pappano ha ceduto la bacchetta del primo concerto, Santa Cecilia ha di fatto inaugurato la stagione con un mese di concerti ad alta temperatura schierando tre attraenti maestri del podio: prima il giovane neo direttore principale ospite Jacob Hrusa con la Seconda di Mahler, poi Kirill Petrenko al suo nuovo incontro con l’orchestra ceciliana (il 21 di questo mese torna all’Auditorium alla testa dei Berliner Philharmoniker), infine Philippe Herreweghe, il direttore belga noto per aver fondato e diretto il Collegium vocale Gent insieme a tante altre formazioni di impronta “antichista”. La filologia esecutiva colloca nel proprio tempo le partiture, ritrovandone l’autenticità. Succede infatti che le musiche di scena per il Sogno di una notte di mezz’estate di Mendelssohn abbiano stavolta sprigionato tutto il loro incanto romantico e notturno. Herreweghe non chiede mai di affondare troppo l’archetto, comanda di restare in superficie: ne sortisce un’autentica “musica degli elfi” che non coincide solo con Ouverture, Scherzo e Marcia (le parti cioè che descrivono direttamente il mondo di Oberon e Titania) ma che contagia tutte le sezioni. Con archi così aerei e trasparenti (che l’orchestra ceciliana rende con articolazioni di certosina precisione) i fiati non faticano a “timbrare” il suono con un’aura inconfondibile già dalle prime battute dell’Ouverture con cui a 17 anni Mendelssohn intuiva che il romanticismo in musica sarebbe stato essenzialmente una questione di sound. La magistrale prova del coro e delle due soliste (Sara Fiorentini e Roberta De Nicola) completa il quadro. Unico neo, la recitazione talvolta artificiosa di Valter Malosti, che ha pronunciato un testo composito (frammenti da Shakespeare e da altri autori) a sintetizzare la drammaturgia d’autore. In apertura di serata il Concerto il La minore di Schumann ha confermato la vocazione divagante ma riflessiva, mai gratuita, del pianismo di Alexander Lonquich. Era lui a dettare stacchi, accenti e fermate a un’orchestra assai disciplinata e partecipe.