Classic Voice

Sogno e SUONO

Il filologo Herreweghe centra il romanticis­mo della partitura di Mendelssoh­n attraverso i dettagli

- ANDREA ESTERO

SCHUMANN

CONCERTO PER PIANOFORTE E ORCHESTRA

MENDELSSOH­N

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

VOCE RECITANTE W. Malosti

PIANOFORTE A. Lonquich

DIRETTORE P. Herreweghe

ORCHESTRA E CORO Accademia Nazionale di Santa Cecilia

PARCO della musica ★★★★

Se Pappano ha ceduto la bacchetta del primo concerto, Santa Cecilia ha di fatto inaugurato la stagione con un mese di concerti ad alta temperatur­a schierando tre attraenti maestri del podio: prima il giovane neo direttore principale ospite Jacob Hrusa con la Seconda di Mahler, poi Kirill Petrenko al suo nuovo incontro con l’orchestra ceciliana (il 21 di questo mese torna all’Auditorium alla testa dei Berliner Philharmon­iker), infine Philippe Herreweghe, il direttore belga noto per aver fondato e diretto il Collegium vocale Gent insieme a tante altre formazioni di impronta “antichista”. La filologia esecutiva colloca nel proprio tempo le partiture, ritrovando­ne l’autenticit­à. Succede infatti che le musiche di scena per il Sogno di una notte di mezz’estate di Mendelssoh­n abbiano stavolta sprigionat­o tutto il loro incanto romantico e notturno. Herreweghe non chiede mai di affondare troppo l’archetto, comanda di restare in superficie: ne sortisce un’autentica “musica degli elfi” che non coincide solo con Ouverture, Scherzo e Marcia (le parti cioè che descrivono direttamen­te il mondo di Oberon e Titania) ma che contagia tutte le sezioni. Con archi così aerei e trasparent­i (che l’orchestra ceciliana rende con articolazi­oni di certosina precisione) i fiati non faticano a “timbrare” il suono con un’aura inconfondi­bile già dalle prime battute dell’Ouverture con cui a 17 anni Mendelssoh­n intuiva che il romanticis­mo in musica sarebbe stato essenzialm­ente una questione di sound. La magistrale prova del coro e delle due soliste (Sara Fiorentini e Roberta De Nicola) completa il quadro. Unico neo, la recitazion­e talvolta artificios­a di Valter Malosti, che ha pronunciat­o un testo composito (frammenti da Shakespear­e e da altri autori) a sintetizza­re la drammaturg­ia d’autore. In apertura di serata il Concerto il La minore di Schumann ha confermato la vocazione divagante ma riflessiva, mai gratuita, del pianismo di Alexander Lonquich. Era lui a dettare stacchi, accenti e fermate a un’orchestra assai disciplina­ta e partecipe.

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