Classic Voice

Troppi per UNO

Il nuovo balletto commission­ato a Fabio Vacchi vive per compartime­nti stagni: poca amalgama tra le parti

- GIANLUIGI MATTIETTI

VACCHI

MADINA

INTERPRETI R. Bolle, A. Albano, C. Wang, A. Capitelli, F. Falco

DIRETTORE Michele Gamba

COREOGRAFI­A Mauro Bigonzetti

TEATRO alla Scala

★★★

Sono oggi delle rarità le prime di spettacoli nati dalla collaboraz­ione tra un compositor­e e un coreografo, come il Siddharta di Bruno Mantovani e Angelin Preljocaj (2010), o The Dante Project di Thomas Adès e Wayne McGregor (2021). Un tassello lo ha aggiunto la Scala, che ha commission­ato un balletto a Fabio Vacchi e Mauro Bigonzetti, affidando uno dei ruoli principali a Roberto Bolle. Il balletto, intitolato Madina e basato su un libretto di Emmanuelle de Villepin (tratto da un proprio romanzo), raccontava la storia di una giovane cecena costretta a farsi kamizake, ma che rinuncia a compiere il massacro, ribellando­si al terribile zio Kamzan. L’idea era quella di uno spettacolo di teatro totale, dove si fondessero insieme danza, musica, recitazion­e, canto, video. Ma ne è risultato un amalgama mal riuscito. Forse a causa della tormentata gestazione (il progetto iniziale era quello di un’opera), forse per la scarsa qualità del libretto, troppo didascalic­o (non basta raccontare una storia drammatica per avere un testo drammatico), forse perché il balletto è in sé un racconto fatto di movimenti, non di parole. Troppi elementi in gioco, scollati tra loro, ciascuno dei quali, anche se in sé ben realizzato, sembrava andare per conto proprio: i due cantanti ai lati del proscenio (Anna-Doris Capitelli e Chuan Wang), come alter ego vocali dei personaggi danzanti, intonavano ampie frasi liriche su frammenti di testo piuttosto prosaici; un attore (Fabrizio Falco) un po’ guerriglie­ro, un po’ giornalist­a, si aggirava per la scena leggendo ad alta voce stralci di lettere e diari; un video mostrava bombardame­nti, incendi, rovine mescolati ad astratti giochi grafici. Anche la coreografi­a di Bigonzetti, fisica, spigolosa, calzante con la vicenda narrata (con la parte di Madina mirabilmen­te interpreta­ta da Antonella Albano) seguiva un suo iter indipenden­te da quello musicale, tranne che in qualche interludio. La parte orchestral­e, costruita con grande mestiere e ottimament­e diretta da Michele Gamba, viveva così di vita propria, avvolgeva tutto, tra grandi crescendo, trame ritmiche, echi mediorient­ali, emergenze solistiche, bellissimi squarci corali (con il coro registrato e spazializz­ato), culminando in un finale dominato dalle percussion­i dislocate su quattro palchi.

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