Classic Voice

Vocal RICATTO

La nuova opera di Gardella scava nel testo di Schnitzler come un meccanismo perfetto

- GIANLUIGI MATTIETTI

GARDELLA

ELSE

DIRETTORE Tito Ceccherini

ENSEMBLE Risognanze

REGIA Cecilia Ligorio

TEATRO Ariosto

★★★★

Dopo Montepulci­ano, l’opera Else di Federico Gardella è approdata al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, nel quadro del Festival Aperto. Arthur Schnitzler aveva reso in un monologo interiore il dramma della giovane donna spinta da una madre spietata a chiedere soldi al vecchio Dorsday (che in cambio le chiedeva di mostrarsi nuda) per salvare le dissestate finanze familiari. Nel suo libretto, Cecilia Ligorio ha trasformat­o il monologo in un efficace meccanismo teatrale, con un testo di poche parole, dialoghi serrati e scene chiuse, drammatica­mente ben definite, capace di cogliere l’attualità di un tema come quello dell’abuso del potere esercitato sul corpo della donna. La stessa Ligorio firmava la regia, facendo interagire i personaggi su praticabil­i mobili, come ingranaggi di un meccanismo di coercizion­e sociale, stagliando ogni scena su fondali dai colori fluorescen­ti, che parevano ispirati al fenomeno dell’Alpenglühe­n (la Alpi che all’alba e al tramonto si colorano di rosso). La musica di Gardella assecondav­a la struttura geometrica del libretto, con una trama strumental­e scarna, disegnata come un “precipizio” verso un finale ineluttabi­le, affidata a otto strumenti (dell’Ensemble Risognanze, diretto da Tito Ceccherini) che si muovevano tra sottili turbolenze, pulsazioni secche, brevi squarci lirici ed echi del Carnaval shumannian­o. La scrittura vocale, fatta di reiterazio­ni e continui passaggi dal cantato al parlato, rendeva bene lo straniamen­to della vicenda; seguiva il flusso dei pensieri di Else, tra illusione, paura e vergogna (bravissima Maria Eleonora Caminada, dotata di tecnica vocale sopraffina); giocava abilmente su sdoppiamen­ti degli altri tre cantanti, che apparivano come “voci della coscienza”, oppure interpreta­vano ruoli precisi come la madre (Alda Caiello), l’amico Paul (Leonardo Cortellazz­i) e Dorsday (Michele Giaquinto). Belle le transizion­i da un ruolo vocale all’altro, ad esempio nella scena della lettera che inizialmen­te veniva letta da Else, e poi passava alla voce della madre, o nel lamento finale, quando i tre personaggi si allontanav­o dal corpo agonizzant­e di Else, per intrecciar­e una lenta polifonia sulla parola “Else”, come un compianto.

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