Francia SENZA snobismi
I Concerts d’automne si confermano un palcoscenico ideale per coniugare rigore e sperimentazioni. Come dimostra un programma che dai mottetti di Campra arriva al tango rivisitato di Piazzolla
CONCERTS D’AUTOMNE
INTERPRETI M. S. Pietrodarchi, A. K. Rossi, A. Gabetta,
DIRETTORI V. Luks, J. Suhubiette, A. Gabetta
ENSEMBLE Jacques Moderne, Gabetta Consort, Collegium 1704,
LUOGHI vari
★★★★
Il luogo comune dello sciovinismo francese viene spesso smentito: a Tours, un tempo città regale e oggi amabile partenza per visitare i castelli della Loira, è un italiano, il musicologo Alessandro Di Profio, a dirigere un festival che in pochi anni è diventato un punto di riferimento per gli abitanti del luogo e per il pubblico internazionale. “Concerts d’automne” (giunto alla sesta edizione) ha il suo principale punto di forza nella capacità di combinare dimensione colta e popolare. Fin dall’inizio il festival ha individuato nella musica antica eseguita secondo la prassi storica il suo ambito d’elezione, evitando però di rinchiudersi in uno specialismo per pochi eletti. Nello spirito della sperimentazione sinestesica si è aperta l’edizione di quest’anno, fra i fasti del Grand Théâtre, con l’opéra-tango Maria, ispirata a Maria de Buenos Aires di Astor Piazzolla: un modo per omaggiare il centenario del compositore argentino, ispirandosi proprio all’apertura ideologica del padre del Nuevo Tango, capace di riunire i personaggi più disparati, da Modugno a Rostropovic, da Milva al Kronos Quartett. Così, senza purismi snob, come Piazzolla passava dalla chitarra elettrica al quartetto d’archi, a Tours la suadente voce di Ana Karina Rossi si è unita al Gabetta Consort su strumenti originali, diretto con brillante estro e qualche spigolosità da Andrés Gabetta, e al bandoneon saturnino di Mario Stefano Pietrodarchi, in un’ibridazione di stili e suoni che ha mandato in brodo di giuggiole il pubblico. In questa prima assoluta, in cui alla musica di Piazzolla si interpolavano concerti vivaldiani e arditi riarrangiamenti di Roberto Molinari e Luca Salvadori, era presente anche la danza: i mesmerici Matias Tipodi e Xinqi Huang hanno contrappuntato con una gestualità piena di duende i suoni dell’ensemble. Peccato che a volte i danzatori risultassero spazialmente un po’ troppo “a latere” rispetto all’ensemble, come un commento più che come dimensione totalmente fusa al resto. Indimenticabile è stato il concerto proposto al Palais des Congrès, con Václav Luks alla guida del Collegium 1704: il cembalista e direttore ceco è totalmente compenetrato al suo ensemble, che in questi anni ha plasmato con una passione udibile e visibile. Nell’impaginato mozartiano (Sinfonia n. 40 e Requiem) ha colpito il fatto che il pathos e la teatralità infusi da Luks andavano di pari passo con una scelta meditatissima di tempi e articolazioni, rifiutando certe superficialità ba-rock già vecchie. Luks ha saputo coniugare la dimensione carnale del Requiem mozartiano, in cui il suono diventa “corpo” straziato messo a nudo, con la forza del grande interprete. Più intimo, ma non meno coinvolgente, è stato il concerto dell’Ensemble Jacques Moderne diretto da Joël Suhubiette, nella Chiesa di Saint-Julien: questa compagine vocale, fondata proprio a Tours da Jean-Pierre Ouvrard nel 1974, è l’esempio perfetto di come in una cittadina possa nascere un’eccellenza assoluta nell’ambito della musica rinascimentale e barocca. Sotto il gesto sapiente e pieno di nuances di Suhubiette, l’Ensemble ci ha permesso di ascoltare rari mottetti, cantate e litanie di Moulinié, Campra e Jean Gilles, tre “mediterranei a Parigi” fra ‘600 e ‘700.