JOSQUIN DESPREZ
IN PRINCIPIO
ENSEMBLE De Labyrintho DIRETTORE Walter Testolin CD De Labyrintho 001/21 ★★★★★
Se Josquin fosse Beethoven, i melomani si accapiglierebbero sul preferire il mottetto Praeter reum seriem diretto da Paolo Da Col oppure da Walter Testolin, come altri fanno con la Settima di Beethoven diretta da Carlos Kleiber anziché da Sergiu Celibidache. Ma Josquin, nonostante abbia scritto musica di qualità sommitale ed esercitato influenza fortissima su tutta la musica successiva, non è (ancora) un fenomeno di comparabile popolarità vuoi per il passato remoto al quale appartiene (i decenni tra Quattro e Cinquecento, già “occupati” dallo splendore figurativo prodotto in quell’epoca), vuoi per la scrittura complessa e l’organico polifonico-vocale che lo rendono adatto ad ascolti rivolti alla concentrazione e alla riservatezza più che allo spettacolo della musica vissuto collettivamente. Ancora: se Beethoven250 non ha granché cambiato le carte in tavola, il cinquecentenario dalla morte di Josquin (1521-2021) ha convinto più dell’usato a pubblicare qualche nuovo disco, come nel caso di queste due antologie concentrate l’una (da cui il nome “Giosquino”) sulla produzione italiana del musico, l’altro un’antologia di mottetti cristologici e mariani. Entrambi i direttori e gli ensemble non sono nuovi al repertorio che, anzi, praticano con assiduità tanto concertistica quanto discografica, cercando di volta in volta chiavi di lettura autenticamente interpretative e non rivolte soltanto all’estasi e alla compilazione (vedi le recenti integrali delle messe ad opera del francese Ensemble Métamorphoses, del giapponese Vocal Ensemble Cappella e degli algidi quanto celeberrimi Tallis Scholars). Da Col incornicia la Missa Hercules Dux Ferrariae in una silloge i mottetti (Praeter reum seriem, O Virgo prudentissima e altri) che possono già vantare una discografia cospicua; Testolin invece alterna titoli relativamente “celebri” (il già citato Praeter, e Missus est Gabriel ad altri (Liber Generationis, In principio erat Verbum ecc.) meno frequentati. Non sono quindi dischi da considerarsi reciprocamente alternativi bensì complementari, intanto per il repertorio che riproducono, poi per la prospettiva nella quale lo proiettano: immanente (Odhecaton) in un caso, trascendente (De Labyrintho) nell’altro. Le differenze stanno nella ricerca timbrica che da decenni i due direttori compiono, volta nell’uno a scrutare la figura di Josquin nella musica che ce ne resta, nell’altro a perlustrare quell’epoca e quel repertorio usando Josquin come guida e altimetro. In entrambi i casi convince, oltre alla polifonia in se stessa, anche la fiducia con la quale questa viene restituita, lasciando ad altri più controversi tentativi (vedi l’altrettanto recente album Josquin the Undead: “Josquin l’uomo morto”, dei Graindelavoix) la possibilità di terze vie, per quanto scoscese.