Ian McEwan, l’ospite cortese
“I personaggi sono avvinti tra loro da precise relazioni tonali”
Grazie anche all’omonimia con un recente reality show, Cortesie per gli ospiti è uno dei titoli più noti dello scrittore britannico Ian McEwan, che ama Venezia, Calvino, Bach, Mozart, Schubert e i Beatles (l’album Sergeant Pepper’s influenza tutta la sua adolescenza). McEwan è un sorta di Bebuquin contemporaneo che si diletta del miracolo musicale, la cui esperienza e consuetudine con repertori, sale da concerto, prassi esecutive e addirittura con fatti di organologia sono così intimamente connessi all’invenzione letteraria al punto da determinarne trame, forme e colori: si potrebbe dire che la musica sia l’ospite per eccellenza non solo sulla pagina, ma anche nella vita reale di molti dei suoi personaggi, e che a sua volta McEwan sia ospite della dimensione musicale che egli stesso descrive. È la dinamica del dono di Mauss: un patto di reciprocità - quello tra letteratura e musica - che si stabilisce tra lignaggi (e linguaggi) artisticamente equivalenti. E la frase che Colin e Mary, la violoncellista, sentono intonare dal vicino di stanza sotto la doccia
(Cortesie), quella del duetto Papageno/Pamina
Mann und Weib und Weib und Mann, sembra tradurre un ulteriore omaggio alla reciprocità e all’ambivalenza come categoria di pensiero. In ogni forma di cortesia è sotteso un vincolo - in questo caso un debito di vicendevole riconoscenza tra suono e parola - ed è su questa
contrainte che si fonda parte della poetica narrativa di McEwan la cui prosa agevola decisamente l’intonazione del rimosso, del non-detto o del detto tra le cose. Laddove l’inter-detto (una cadenza sospesa) definisce sia l’oggetto, sia la condizione di disorientamento e soggezione che da esso deriva. Love, music, loyalty, self-delusion - These are the elements of deadly confusion (For You). McEwan descrive la natura diatonica di una borghesia dolente, a metà tra quella alcalina di Truffaut e quella acida di Bennett, come se le alterazioni musicali andassero di pari passo con quelle comportamentali, alcune transitorie, altre strutturali, per così dire, in chiave. Nei romanzi, formalmente organizzati in una successione di numeri o movimenti (quasi sempre cinque) a ricordare più le danze della suite che i tempi di una sonata, i personaggi sono avvinti tra loro da precise relazioni tonali. Accanto al compositore di successo (Amsterdam), alla violinista in carriera che si sottrae alla legittimità dell’amore coniugale
(Chesil Beach), all’insegnante di violino cui viene rapita la figlia (Bambini nel tempo), o al celebre direttore d’orchestra Charles Frieth (For You), risultano numerose anche le figure di coloro che vivono la musica come riparo dalla usualità: l’avvocato che canta Britten; il flautista di Psicopoli che suona Bach dopo aver incatenato la fidanzata al letto; il giudice dell’Alta Corte, Fiona, che si rifugia nello studio ossessivo della seconda partita per mettersi al riparo dalle profferte para-filiali del diciottenne violinista leucemico (La Ballata di Adam Smith) e Jack che accenna Greensleeves sul letto della mamma morente ne Il giardino di cemento, mosso dal medesimo disagio raccontato in
She’s Leaving Home dei Beatles. Tutta l’opera di McEwan è un’offerta musicale i cui dettagli sono appena accarezzati, secondo la lezione di Nabokov, allo stato di rivolto. Due per tutti: quel ”Fazioli” che attende l’esecuzione dei Rückert ed il rimando alla straussiana Arabella che - come l’ aria delle Goldberg - apre e chiude Espiazione. È un riflettere - in maniera meno sciropposa di quanto faccia la Alcott sulla scrittura di un’adolescente, in un’epica domestica e neoclassica (sorelle, cugini, promessi sposi e figlio della serva) sul cui sfondo risuonano i successi di Gilbert e Sullivan. La musica di McEwan agevola l’interpretazione (o la sospensione) magica della realtà - Drunk on music and love - e le vicende che accadono diventano storie.