Se a inquinare è il digitale
Mentre teatri e musicisti inventano soluzioni filo-ambientali, cade un vecchio pregiudizio: oltre un certo numero di ascolti, lo streaming consuma più energia del disco fisico
La lunga mano di Greta Thunberg ha abbracciato anche il mondo della musica classica. Sempre più numerosi sono gli eco-musicians, artisti che dichiarano la loro volontà di rinunciare a tournée in aereo per contribuire a limitare le emissioni di anidride carbonica. Altri ancora, come il pianista Wojtek Szczepanik (inserito nel filone minimalista di Lubomyr Melnik), hanno addirittura prodotto un nuovo disco a emissioni zero, compensando l’impatto di trasferte aeree ed elettricità con alberi piantati ex novo. E così si adeguano anche enti e teatri. Alla Scala il sovrintendente Dominique Meyer ha annunciato l’installazione di pannelli solari e una razionalizzazione dei rifiuti dei laboratori di scenografia (che all’80% sono misti). Anche il consumo di carta, stimato in 10 tonnellate l’anno, sarà abbattuto. “E faremo costumi a basso impatto ambientale”, ha assicurato. Salisburgo, sulla stessa scia, ha bandito le bottigliette di plastica: dallo scorso anno solo vetro (al bar) o distributori. Ma il grande tema riguarda la discografia: quanto incide la nuova industria digitale sull’inquinamento ambientale? A sorpresa molto più dell’industria “fisica”. Chi pensava che il formato migliore per ascoltare musica fosse lo streaming si sbagliava di grosso. Quest’ultimo, infatti, utilizza potentissimi server che vanno alimentati e raffreddati di continuo (senza contare l’energia necessaria per alimentare gli apparecchi personali). Il grado di inquinamento della musica dipende essenzialmente dalla frequenza di fruizione. Secondo “Lifegate”, se ci si limita a un paio di ascolti in streaming si inquinerà certamente meno rispetto all’acquisto di un album fisico. Ma oltre una soglia di 25-30 ascolti, l’album digitale supera l’impatto di compact disc o vinili. Ecco allora che il modo meno inquinante di ascoltare musica potrebbe essere proprio quello più antico: comprare musica fisica. A patto di non ascoltarla solo una volta.