Alfabeto MOZART
Andrea Bacchetti racconta i suoi due pilastri musicali: “Di Johann Sebastian incido il secondo Libro del Clavicembalo, di Amadeus ho già 13 concerti in repertorio. Ma non mi fermo qui”
Andrea Bacchetti, classe 1977, condivide con Mozart la precocità del talento. A cinque anni i suoi genitori scoprirono il suo orecchio assoluto. “Ricordo che sentivo una frase musicale e la ripetevo immediatamente al pianoforte. Andavo ai concerti e suonavo nella mia testa nota per nota; ho imparato a leggere prima le note musicali delle lettere dell’alfabeto. Suonavo i concerti di Mozart cantando ad alta voce le parti dell’orchestra”. La sua lunga carriera concertistica e discografica gli ha fatto poi incontrare un altro grande caposaldo, Johann Sebastian Bach, di cui è in uscita il Secondo libro del Clavicembalo ben temperato per l’etichetta Arthaus.
Trova Bach più impervio di Mozart?
“Sono compositori diversi. Bach sa essere trascendentale, i Concerti di Mozart hanno altri ostacoli, come la trasparenza, la cantabilità che richiede un’ispirazione specifica”.
Tra i Concerti di Mozart qual è in testa alla sua personale classifica?
“Da un po’ di tempo a questa parte è il K 503, ma il K 271 è parimenti bellissimo: è come un concerto tardo, molto spinoso”.
E tra gli interpreti?
“Horszowski, Fischer, Clara Haskil, Géza Anda, e, in anni più vicini a noi, ancora Perahia, Schiff, Anderszewski. Tra gli ultimi, citerei pure Buchbinder, che, a mio avviso, è però di una grandezza un po’ minore”.
Quando ha cominciato lo studio del secondo libro del Clavicembalo ben temperato?
“Durante le vacanze del Natale del 2019. Ho registrato l’album al BartokStudio di Bernareggio”.
Che pianoforte ha usato?
“Un meraviglioso gran coda Bösendorfer”.
Si può affermare che Bach è il compositore a cui si è dedicato maggiormente?
“Ho cominciato a eseguirlo con costanza a partire dal 2000 e la mia prima incisione di opere sue è del 2006: le Suite Inglesi, uscite per la Decca. Quindi sì, nel complesso è il compositore a cui mi sono più dedicato”.
Ha un interprete bachiano di riferimento?
“Senza alcun dubbio, il mio idolo è András Schiff. Se penso alla sua esecuzione parigina del secondo libro del Clavicembalo ben temperato mi viene la pelle d’oca. Tra i viventi, è il mio preferito”.
Perché proprio lui?
“Per la limpidezza, per la brillantezza nell’articolazione. Peraltro, pensando ai pianisti ancora in attività, sono virtù che si trovano naturalmente anche in Perahia, Sokolov e Anderszewski. Poi, reputo bravissima Angela Hewitt, ma, tutto sommato, un po’ inferiore a Schiff e agli altri che ho citato. Un altro artista imprescindibile è pure Maurizio Pollini,
Nel booklet del cd allegato pubblichiamo la guida all’ascolto della Fantasia per pianoforte K 397 e delle Sonate K 330, 333 e 576 di Mozart interpretate da Andrea Bacchetti
per quanto riguarda il primo libro del Clavicembalo ben temperato, che ascolto sempre con grandissimo interesse”.
Guardando al passato, quali sono le interpretazioni bachiane che ama?
“Confesso di venerare Glenn Gould, ma di non averlo mai studiato moltissimo. Poi, Rosalyn Tureck è spaziale per molte ragioni: il fraseggio e la qualità del suono, per esempio, anche se, con lei, il secondo libro del Clavicembalo ben temperato dura un’ora più del mio. In ogni caso, si tratta sempre di artisti unici, inarrivabili. Ancora, amo Fischer soprattutto per il suo tocco magico, Gieseking: entrambi, comunque, appartengono a un’altra epoca, mentre Rosalyn Tureck ha un approccio più moderno”.
Sviatoslav Richter?
“È straordinario, anche nel mettere in luce ‘il demonio’ nella musica di Bach, che invece Schiff tralascia. Devo tuttavia ammettere che il suo uso del pedale non sempre lo condivido”.
Non ha mai pensato di eseguire Bach al clavicembalo?
“Ho studiato un po’ il clavicembalo, ma non al punto di poterlo suonare in pubblico. Del resto, è completamente differente rispetto al pianoforte, come osserva lo stesso Schiff, che a volte in Bach lo utilizza: ricordo un video amatoriale del Terzo Concerto Brandeburghese registrato a Vicenza, con la sua orchestra, interpretato a memoria. Io, però, scelgo senza riserve il pianoforte: è il mio strumento”.
Oltre alle difficoltà tecniche, quali sono gli scogli da superare nel secondo libro del
Clavicembalo ben temperato?
“La densità del materiale. Le Goldberg, per fare un paragone, possiedono un virtuosismo strumentale assoluto, ma non hanno la stessa densità del Clavicembalo ben temperato dove Bach, specie nel secondo libro, si lascia andare alla più grande arte contrappuntistica, anche sotto un profilo meramente teorico. Insomma, in esso c’è un livello di ricerca scientifica del materiale musicale che non credo abbia paragoni, nemmeno nell’Arte della Fuga”.
Quale Bach ascolta, al di là di quello per tastiera?
“Mi piace assai quel capolavoro totale che è la Messa in Si minore, come impazzisco per il Quinto Concerto Brandeburghese. Ma Bach ha scritto sempre musica superlativa. Amo le Sonate e Partite per violino, le Suites per violoncello, mentre vorrei conoscere di più le Cantate, le Passioni”.
La Messa in Si minore, con quali artisti la ascolta di solito?
“Per me la pietra miliare è la versione diretta da George Enescu con Kathleen Ferrier”.
E per quanto riguarda il Quinto Concerto Brandeburghese?
“Pablo Casals quale direttore, Rudolf Serkin al piano”.
Sempre parlando del Clavicembalo ben temperato, che rapporto ha con il primo libro?
“Avevo cominciato a studiarlo un po’, durante il Conservatorio: quindi, negli anni Ottanta. Ma da bambino non avvertivo notevoli affinità nei confronti di Bach. In seguito, ho fatto qualche lezione con un direttore d’orchestra svizzero agli inizi dei Duemila e mi si è aperto un mondo”.
L’esecuzione dal vivo e l’incisione del primo libro del Clavicembalo ben temperato rientra quindi fra i suoi progetti futuri?
“Nell’immediato no: mi sto concentrando molto sul secondo libro che, al di là della registrazione, vado eseguendo nei miei programmi concertistici”.
E in un futuro più remoto?
“L’ipotesi di avvicinarmi al primo libro del Clavicembalo ben temperato costituisce inevitabilmente una tentazione, ma non so se riuscirò mai nell’impresa. Piuttosto, ho in repertorio 12-13 Concerti di Mozart, ma mi piacerebbe, nel 2022, aggiungerne uno o due, specie di quelli tra il K 453 e il K 482. Inoltre, vorrei continuare a lavorare con piccoli ensemble sull’esempio di quanto ho fatto negli ultimi tempi con alcuni tra i migliori complessi italiani come il Sestetto Stradivari dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, i gruppi da camera dell’Orchestra Rai, del teatro Regio di Torino e del Teatro alla Scala”. 턢