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Lo scandalo dimenticato: nel 1951 un clamoroso caso di censura interessò alcuni artisti sovietici in tour in Italia. Così Oistrakh e Gilel’s si videro revocato il permesso di soggiorno senza ricevere spiegazioni
Navigare controcorrente le rapide della storia può portare a scoperte interessanti. La figura dell’artista che arriva nel libero Occidente sfidando la cortina di ferro è stata il piatto forte di una certa narrazione della seconda metà del Novecento. Raramente, però, abbiamo letto del contrario. Eppure alcuni artisti, anche in seguito diventati critici severi dei sistemi socialisti, hanno fallito il loro primi passi nel cosiddetto mondo libero non certo per colpa delle occhiute e intransigenti politiche culturali dell’Est Europa. Ma al contrario. Censurati proprio dal mondo libero. Lo scandalo accadde il 3 luglio 1951, quando ad alcuni dei più grandi musicisti sovietici in tour venne ritirato il permesso di soggiorno con date ancora aperte e tantissime richieste di pubblico. Furono colpiti alcuni giganti come il violinista David Oi
strakh, il pianista Emil Grigorievic Gilel’s, la prima ballerina assoluta Galina Sergeevna Ulanova, la violinista Galina Barinova, il violoncellista Mstislav Rostropovich e alcuni cantanti esordienti per i palcoscenici dell’Europa Occidentale. Siamo nel 1951 e tra la Fenice, La Scala, il Maggio Musicale Fiorentino, il Comunale di Bologna, il Teatro Eliseo di Roma, Modena, Ferrara e Perugia le esibizioni degli artisti sovietici avevano visto la partecipazione di circa 50.000 spettatori. Mancavano alcuni grandi appuntamenti come il concerto di Oistrakh e Gilel’s per la Rai. Irremovibile arrivò il diktat italiano: permesso sospeso, tutti a casa. Ecco il resoconto dell’“Unità” del 4 luglio 1951: “Ieri mattina il gruppo dei grandi artisti sovietici invitati a partecipare al Maggio Fiorentino è stato costretto dal Ministero degli Esteri ad abbandonare l’Italia, dopo che lo stesso Ministero degli Esteri aveva ridotto il permesso di soggiorno dal 16 al 3 luglio... Durante le manifestazioni del Maggio tutti gli artisti sovietici avevano ottenuto un sincero e larghissimo successo di critica e di pubblico. Numerose sono state le offerte da parte delle Direzioni dei maggiori teatri italiani per un ampio giro di concerti alla fine del Maggio. Oggi il pianista Gilel’s e il violinista Oistrach avrebbero dovuto eseguire un concerto alla Rai e altri nei giorni prossimi fino al 7 luglio”. E invece bagagli e partenza per l’Urss in poche ore. In effetti, ricordano le cronache di allora, il grande successo degli artisti sovietici era stato mal digerito da chi immaginava una tournée sottotono. Fin dal 19 giugno infatti il questore di Firenze aveva invitato gli artisti sovietici a lasciare la città alla fine del Maggio. Solo l’intervento dell’Associazione Italia-Urss aveva fatto sì che la questura di Firenze desistesse dal suo atteggiamento. Non solo, lo stesso Sovrintendente della Scala, Antonio Ghiringhelli, il grande dirigente che ricostruì il teatro milanese nel secondo dopoguerra, aveva dovuto, come egli stesso affermò, superare enormi difficoltà per riuscire a chiedere giorni in più per la musica e per gli appassionati italiani. Ma il giorno 27 giugno, a Venezia, la questura aveva notificato che il permesso per la danzatrice Galina Ulanova era stato ridotto di quattro giorni e portato dal 30 al 26 giugno; Ulanova aveva quindi appena due ore di tempo per lasciare l’Italia. Inutili gli scambi frenetici di telefonate fra la direzione del Teatro La Fenice, “notoriamente democristiana” sottolinea maliziosamente “l’Unità”, la questura di Venezia e Giuseppe Berti, presidente dell’Associazione Italia-Urss. Un’ulteriore mediazione politica veniva tentata da un altro deputato del Pci, Giorgio Bettiol, che si recò da un giovanissimo ma già affermato Giulio Andreotti - per ottenere il prolungamento del visto fino al 10 luglio. Andreotti, dopo aver chiesto visione dei contratti di lavoro fatti agli artisti anche dalla Rai e dal teatro Eliseo di Roma, assicurava categoricamente il prolungamento anche dopo il 3 luglio. Dalle parole ai misfatti. Non ascoltarono nemmeno Andreotti. Prosegue l’“Unità”: “Come era prevedibile il gesto ha suscitato viva indignazione fra gli artisti e nel pubblico”. Berti e Bettiol presentarono alla Camera un’interpellanza “sui criteri che hanno indotto il Ministro degli Esteri a negare la permanenza in Italia agli artisti sovietici interrompendo impegni già in corso”. Durissimo Franco Abbiati, critico musicale del “Corriere della Sera”: “Cosa assurda, arbitraria, e soprattutto poco intelligente”. II maestro Giulio Confalonieri critico musicale del “Tempo” di Milano appariva frastornato: “Se corrisponde a verità la notizia che il violinista sovietico David Oistrakh non ha potuto dare un concerto già fissato a Roma perché le nostre autorità gli hanno negato il permesso di soggiorno, non posso che meravigliarmi di questa incapacità burocratica di fronte a un artista che io stesso - dopo averlo ascoltato alla Scala - mi auguravo di risentire al più presto per l’eccezionale valore delle sue doti musicali”. Ma di cosa avevano paura le autorità italiane? Dell’affermarsi in termine di successo di musicisti legati alla testimonianza sociale e antifascista dell’universo estetico-politico che rappresentavano?. Galina Barinova, ad esempio, fece parte degli artisti che si esibirono nella Leningrado assediata per testimoniare lo spirito e la resistenza del popolo sovietico e in seguito partecipò ai concerti collaterali alle conferenze di Teheran e Potsdam. Gilel’s, tra i più grani pianisti dell’epoca, ottenne il premio Stalin nel 1946, e poi ricevette l’Ordine di Lenin nel 1961 e 1966 e il Premio Lenin 1962. A lui Prokof’ev dedicò la Sonata n. 8 per pianoforte che Gilel’s eseguì in prima assoluta il 30 dicembre 1944 nella sala grande del conservatorio di Mosca. Oistrakh, insignito del Premio Lenin, era amico di Sostakovic, che gli dedicò i due concerti per violino. Durante la guerra, in una esibizione, nonostante il suono della sirena creasse angoscia negli spettatori per l’imminente bombardamento, Oistrakh non inter
A sinistra, il governo De Gasperi VI, in carica fino al 26 luglio 1951 all’epoca dello “scandalo” dei visti negati agli artisti sovietici
ruppe l’esecuzione, continuando a suonare Ciajkovskij fino all’ultima nota in senso di sfida alla brutalità nazista. Senza contare che alcuni di questi artisti, come Rostropovich, divennero dissidenti, ma negli anni a venire. Nel 1951, a 24 anni, il grande violoncellista aveva vinto da pochi mesi il premio Stalin. E tanto bastò all’Occidente per spegnere l’interruttore della sua musica. Passarono gli anni, le autorità occidentali però non persero il vizio. Lo strumento era sempre quello del visto, considerato il sacro accesso ad una Terra Promessa, ma non per tutti. Un episodio esemplare: a fine inverno del 1976, in uno scenario internazionale completamente modificato, gli Stati Uniti vietarono l’ingresso a Severino Gazzelloni, reo di aver partecipato l’anno prima ai festeggiamenti in Piazza San Giovanni a Roma di una vittoria elettorale del Pci. Il grande flautista aveva in programma una serie di concerti in varie località degli States e uno addirittura alla Casa Bianca. Goffo il tentativo dell’ambasciatore americano a Roma, John Volpe, di incontrare l’artista per chiarire la vicenda. Gazzelloni rifiutò di vederlo: “Non mi piacciono certi espedienti che hanno il sapore di un avvertimento”. Insomma nel paese della libertà chi vuole suonare deve liberarsi dall’idea di poter esprimere una propria opinione. Spiegò Gazzelloni: “Per le mie convinzioni politiche ho avuto rimproveri e lettere anonime di minaccia. Rimproveri anche da amici che si sono allontanati da me quando io ho suonato per il mio partito, il Pci. Ne ho perduti, di ‘amici’, ma ne ho acquistati molti di più. Quando ho suonato a San Giovanni ho suonato per la gente, per quella gente che combatte per una vera libertà, che non ha mai imbrogliato nessuno, che non si è mai venduta”.턢