GEORG SOLTI
SIR GEORG SOLTI’S COMPLETE LONDON ORCHESTRAL RECORDINGS 36 CD Decca ★★★★★
C’è stata un’epoca in cui le major si sfidavano a colpi di cicli sinfonici e registrazioni di repertorio, talvolta abusando di un mercato ancora ben lungi dall’essere saturo con prodotti alterni ma più spesso mettendo sotto contratto il meglio che si potesse scegliere dal panorama internazionale. Se da un lato Deutsche Grammophon aveva in Herbert von Karajan il suo vessillifero, per Decca c’era Georg Solti, la cui produzione discografica sterminata sta tornando un poco alla volta a disposizione in cofanetti monografici o tematici che forse, uno dopo l’altro, riusciranno a riproporre al pubblico odierno il suo intero lascito. Benché molte delle sue incisioni più gloriose siano firmate in coppia con la Filarmonica di Vienna o, soprattutto nell’ultima fase di carriera, con l’Orchestra Sinfonica di Chicago, c’è una parentesi londinese soltiana che si tende a trascurare, anche perché molti dei suoi frutti sono usciti dai cataloghi, surclassati da prodotti successivi ritenuti più appetibili. Eppure fu proprio negli anni da direttore musicale al Covent Garden, che grossomodo coincisero col decennio 1961-1971, che Solti cementò il rapporto con l’etichetta discografica della città, la Decca appunto, arrivando ad affermarsi sulla scena internazionale con un’identità di interprete e un repertorio scientificamente calibrati per egemonizzare le attenzioni del pubblico.
I 36 cd di “Solti London - The Orchestral Recordings” radunano una serie di registrazioni che abbracciano un paio di secoli, dal periodo classico - con una selezione di composizioni mozartiane accanto a parte delle ultime sinfonie di Haydn - al primo Novecento. Ci si trova qualcosa di Beethoven (una Quarta e il Concerto per violino con Elman), di Liszt,
di Schubert e molto Elgar, oltre ai primi approcci discografici a Mahler (Prima, Seconda, Terza e Nona) che anticipano il ciclo completo che Solti inciderà a Chicago. C’è un po’ di Bartók, incluso un Castello di Barbablù integrale, Kodály, una Scozzese di Mendelssohn, Stravinskij, con un Oedipus Rex dal gran cast, e diversi dischi antologici o monografici. Come si può ben immaginare la London Philharmonic, di cui Solti fu direttore musicale a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, si prende la scena, ma non mancano le collaborazioni con la London Symphony o con l’orchestra della Royal Opera House. La qualità è da standard Decca. La brillantezza delle incisioni varia in relazione all’anno di produzione: ci sono testimonianze analogiche di un giovane Solti, risalenti ai primi anni ‘50, che ovviamente non possono vantare lo splendore dei prodotti più recenti.