NUOVI di primavera
Tra le novità Alvin Lucier, coi suoi nudi oggetti sonori, i quartetti di Saunders e Adès, il Concerto per violino di Gubaidulina “donato” da Repin, le liriche di Sciarrino
FESTIVAL MILANO MUSICA
SUONI D’OMBRA. ORFEO, EURIDICE, HERMES INTERPRETI E LUOGHI vari
Non si incentra su un tema monografico, ma su una significativa varietà di proposte la trentunesima edizione del Festival Milano Musica, che si concluderà l’11 giugno con l’attesissima novità assoluta di Stefano Gervasoni, De tinieblas. Il sottotitolo “Orfeo, Euridice, Hermes” allude soltanto ad una suggestiva presenza del mito di Orfeo in alcuni lavori, come Eurydice (2020) di Dmitri Kourliandski (già rappresentato a Reggio Emilia), e So you… di Alvin Lucier (1931-2021), che insieme ad altri pezzi ha fatto conoscere a Milano il compositore americano da poco scomparso e la sua poetica concentrata sulla nuda presentazione di oggetti sonori: era un lentissimo incandescente percorso discendente e poi ascendente, unito a frammenti di un testo in cui Euridice rimprovera Orfeo di averla ricacciata nell’abisso. Ma le due giornate inaugurali (ottimi protagonisti il mdi ensemble e il soprano Livia Rado) culminavano nella prima assoluta del più recente ciclo di Salvatore Sciarrino, Una lettera e 6 canti. Testi diversissimi, liberamente accostati, sono trasfigurati dalla matura vocalità del compositore: rarefatti interventi strumentali si inseriscono tra le accelerazioni, i rallentamenti, le ripetizioni delle parole, che conferiscono loro espressività musicale imprevedibile e nuova. A Sciarrino erano felicemente accostate le gentili evocazioni sonore di Francesca (2020) della svedese Lisa Streich (1985) e i dialoghi tra pianoforte acustico e il suo doppio sintetico nelle nuove Invenzioni (Solo V) di Stefano Pierini (1971). Pochi giorni dopo l’Ensemble Recherche proponeva il nuovo Trio per archi n. 2 di Helmut Lachenmann, sensibilmente diverso da altri suoi lavori perché scava in prolungati pianissimi, come una lunga meditazione alle soglie del silenzio, interrotta da momenti contrastanti. Nello stesso concerto particolare interesse ha suscitato l’israeliano Yair Klartag. Una memorabile prima italiana era anche quella del terzo concerto per violino di Sofia Gubaidulina Dialog: Du und Ich (2018), composto per Vadim Repin magnifico solista con l’Orchestra Nazionale della Rai diretta da Amaral: il principio dialogico, davvero determinante in questo pezzo, assume intense valenze espressive, in un clima di drammatica, nobile meditazione. Repin ha donato il concerto per sostenere la creatività contemporanea. Lo splendido concerto del Quatuor Diotima culminava nella prima italiana del secondo quartetto di Rebecca Saunders (1967), Unbreathed: una prima parte davvero “senza respiro” è seguita dalla rarefazione e dal dissolversi nel silenzio della seconda parte. Anche qui nella ricerca sul suono e nella tensione della musica della compositrice inglese, ancora troppo poco nota in
Italia, si riflette un mondo poetico che ha in Beckett uno dei punti di riferimento. Il carattere “inglese” assente in Saunders si ritrova ad alto livello in Thomas Adès (1971), anche nelle scelte stesse di alcune delle musiche che nel suo recentissimo Alchymia per clarinetto e archi (l’ottimo Mark Simpson affiancava il Diotima) conoscono una vera e propria, fascinosa, trasmutazione alchemica. Da non dimenticare il bel concerto di Andrea Lucchesini, con Berio, Liszt e la nuova Sonata n. 2 di Fabio Vacchi.
Infine gli splendidi percussionisti M. T. Nguyen e T. Weber mostravano come il sapiente uso di nuove tecnologie e non convenzionali strumenti consentiva a Carmine Emanuele Cella (1976) di trarre sonorità imprevedibili da una mozambicana mbira e a Michelangelo Lupone (1953) da una grancassa.