DE LALANDE
GRANDS MOTETS
ENSEMBLE Correspondances
DIRETTORE Sébastien Daucé
CD Harmonia Mundi
France HMM 902625
“Giuste giudex”? Nella cappella reale di Versailles all’epoca di Luigi XIV i soprani erano castrati italiani; il
Dictionnaire de musique di Sébastien de Brossard, stampato a Parigi nel 1703 per i tipi di Ballard, “seul imprimeur du Roy pour la Musique”, sembra suggerire che il latino ec
clesiastico debba cantarsi secondo la pronuncia romana. Secondo noi, e anche a detta del musicologo belga Mutien-Omer Houziaux, l’ipotesi di una pronuncia “gallicana” per salmi, Messe e mottetti del Grand Siècle fa acqua da molte parti. Eppure non se ne dà per inteso Sébastien Daucé, ultimo a cimentarsi nella riscoperta discografica dei grands motets di Michel-Richard de Lalande (1657-1726) dopo le produzioni dei vari Herrewege, Skidmore, Christie, Dumestre, Schneebeli. Irritazioni fonetiche a parte, si vorrebbe altresì suggerire che fra i circa 75 grands motets di questo autore (conteggio complicato dalla presenza di versioni alternative) la scelta potrebbe orientarsi qualche volta su sentieri meno battuti, ossia al di fuori di quella mezza dozzina di partiture già disponibili da tempo in edizioni critiche moderne. Ma tant’è; sull’eccelsa qualità musicale del Dies Irae S. 32 e del Miserere S. 27, piatti forti della presente registrazione, non c’è nulla da ridire: sono austeri capolavori di quel filone penitenziale cui di tanto in tanto il Re Cristianissimo, gagliardo peccatore in più di un articolo del Decalogo, si degnava di prestare orecchio fra gli sbuffi d’incenso che l’adulazione cortigiana non si stancava mai di tributargli in versi e in prosa. Non le rombanti fanfare dei Te Deum col loro fragore militaresco di oboi, trombe e timpani, ma una casta tavolozza orchestrale basata sugli archi; e nel canto, dominato dai nerboruti cori omofonici, ben poco è il rilievo concesso agli assoli belcantistici. In tutto il disco, il brano più esteso di récit più air si può ascoltare nei quattro versetti del Dies Irae da “Liber scriptus” a “fons pietatis”, affidati al brunito timbro androgino del contralto Lucile Richardot (o bas-dessus secondo la nomenclatura transalpina). Nell’inno pentecostale Veni creator S. 14, filler di lusso, è poi degno di nota l’incesso fra marziale e contrappuntistico del versetto “Hostem repellas”, capace di offrire qualche risarcimento adrenalinico ai nostalgici del pennacchio lullista; mentre nel complesso non fanno certo notizia il vigore, i raffinati chiaroscuri e l’ampia spazialità che l’Ensemble Correspondances riesce a realizzare in ogni sua sezione vocale e strumentale.