SOKOLOV magnetico
Il rito ancestrale di un pianista che non concede nulla allo spettacolo fine a se stesso
Recital di Grigory Sokolov MusicHe di BacH
e Mozart teatro Petruzzelli
Passo lento, indifferente agli applausi, mani dietro la schiena. Dopo un asciutto inchino che è l’unico segno di riconoscimento al pubblico immerso nella penombra, Grigory Sokolov pare come animarsi d’un fiato, e la musica entra improvvisamente in scena e tutta la pervade, senza alcuna possibilità per cuore e mente degli ascoltatori di vagare altrove. Questo straordinario rito, magnetico per tensione, onestà intellettuale e persuasione, si è ripetuto al Teatro Petruzzelli, per l’occasione gremito in ordine di posti, nell’ambito della Stagione Concertistica della Fondazione barese. L’impaginato scelto dal grande pianista russo prevedeva il Bach meno noto dei quattro Duetti Bwv 802-805 e la mirabile Partita Bwv 826 (che Sokolov ama molto e che ha proposto più volte negli anni): il tutto restituito in un clima cangiante (ma sempre fedelissimo al dettato bachiano) in cui ci è parso di intravedere ampi scorci nostalgici alla Edwin Fischer che subito mutavano in funambolici virtuosismi degni dei più grandi clavicembalisti. Nella seconda parte del concerto, Sokolov è riuscito a rendere la Sonata K 333 un “antipasto” dell’Adagio K 540: unica opera composta in Si minore da Mozart, di cui sono state messe letteralmente a nudo le trame inquietanti ed enigmatiche, vero punto (interrogativo!) di arrivo di tutta la serata. La terza parte del récital, come da tradizione ormai ventennale, era costituita da 6 “bis” che hanno letteralmente “squarciato” l’impaginato Bach-Mozart: Rameau (Les sauvages e Tambourin), Chopin (Preludio op. 28 n. 15 e Mazurka op. 63 n. 2), Rachmaninov (Preludio op. 23 n. 2) per chiudere con Bach-Siloti. Così è stato chiaro che questo artista padroneggia e ammanta con la sua straordinaria personalità, all’insegna della più cristallina antiretorica, la musica più alta delle epoche più differenti.