All’inseguimento della pietra verde
“La manualità in questo lavoro è tutto. Sentire il coltello sotto le mani, che scivola e affila bene la lama. Con gli strumenti che ho a disposizione c’è bisogno di grande attenzione. È un lavoro di concentrazione. Al nuovo proprietario lascio tutto quello che vede nel laboratorio, tranne una cosa: la pietra verde che uso per affilare le lame. Quella è come un figlio e la terrò sempre con me”. Sono le parole con cui si conclude l’articolo del Corriere della sera dedicato all’ultimo arrotino di Lodi, l’ottantenne Giovanni Ren, che ha deciso di andare in pensione. Il problema è che i suoi figli – come accade spesso – hanno intrapreso altre strade professionali: Giovanni è dunque alla ricerca di un successore che possa raccogliere il suo testimone. Sono ottimista: Giovanni troverà qualcuno che rileverà la sua attività, molto ben avviata (nata nel 1912, è stata rilevata nel 1972 da Ren, già valido arrotino) e con clienti che provengono anche da altre regioni per beneficiare dell’ottimo servizio. Dell’intervista mi ha colpito però un particolare: l’attaccamento alla pietra verde, che per lui “è come un figlio”. Non si tratta di quella pietra del famoso e divertente film del 1984 intitolato “All’inseguimento della pietra verde”, con Michael Douglas, Kathleen Turner e Danny DeVito (quello era in realtà uno smeraldo), ma di un’umile pietra, oltretutto consumata da anni di lavoro. Eppure, quella pietra per affilare è in grado di suscitare sentimenti e ricordi, come la famosa madeleine di Proust: in essa sono presenti agli occhi di Ren una vita intera dedicata alla professione dell’arrotino e all’amore per i coltelli. So che per chi legge questa rivista non si tratta di sentimenti estranei, anzi. Ce ne accorgiamo ancor di più in un periodo come l’attuale, con una guerra che imperversa a 2mila km da casa nostra proprio quando iniziamo a tirare il fiato dopo due anni di pandemia. Tutti noi appassionati di lame abbiamo una nostra “pietra verde”, quel coltello che, ogni volta che ci capita tra le mani, attira una carezza in più, un passaggio di pollice sulle guancette (il termine sembra quanto mai appropriato). Per qualche istante ci porta lontano, persi con il pensiero nei ricordi, magari di una persona cara o di momenti della nostra vita particolarmente felici. A conferma che – lo ricorda anche Ren – la manualità è tutto nel mondo dei coltelli: si torna bambini a maneggiarli, e, se poi sono chiudibili, si apre e chiude la lama, divertendosi nel valutare la bontà del sistema. Ho toccato... con mano questo aspetto alla Fiera delle armi, della caccia, della sicurezza e dell’outdoor (Iwa) di Norimberga, svoltasi a inizio marzo per il solo pubblico di professionisti, dove siamo andati per mostrarvi le novità in arrivo da tutto il mondo (il servizio è a pagina 20). È stata un’edizione in tono sommesso, la prima dopo due anni in cui non si è tenuta a causa del Covid-19. A parte qualche assente illustre dagli Usa (Spyderco in primis, che ha lasciato un biglietto di scuse al suo stand, insieme con un bancale di cataloghi 2022), molti produttori erano presenti, tra cui un gran numero di italiani, con una forte presenza di cinesi e, ovviamente, di tedeschi che giocavano in casa. Pur nella desolazione di un padiglione riempito per metà, i professionisti della coltelleria – produttori, designer, distributori, coltellerie – sono tornati a incontrarsi di persona e a trattare di coltelli. Il desiderio comune: creare quella che diverrà la vostra prossima “pietra verde”.