WOMEN IN RED
VENTI RAGAZZE DALL’EUROPA, ASIA, AFRICA E AMERICHE: L’ETERNO FEMMININO RACCONTATO MEDIANTE UN COLORE: IL ROSSO NEL TRUCCO, NEGLI ABITI, NEGLI ACCESSORI ...
NNEL DRAMMATICO OGGI
in cui l’ineluttabile incrocio di culture effetto degli imponenti flussi migratori incrina e smaterializza la percezione di sé, rimane per fortuna saldo un “gancio” identitario che va oltre i mutamenti di tempo, di luoghi, di situazioni.
IL VERO COLORE DELLA VITA È QUELLO DEL CORPO, IL COLORE DEL ROSSO NASCOSTO, IL ROSSO IMPLICITO E NON ESPLICITO DEL CUORE CHE VIVE, E DEI SUOI BATTITI” Alice Christiana Meynell (1847-1922), scrittrice
UNA“RADICE” NON LEGATA A UN PAESE,
a una civiltà, piuttosto trasversale e universale insieme, ma che rifiuta l’idea di un’identità collettiva e si esprime, al contrario, singolarmente, in modi sempre differenti. Ed è senza tempo o tutti i tempi. Si tratta, ci siamo arrivati, di quell’“eterno femminino” (das Ewig Weibliche) che Johann Wolfgang Goethe ipostatizza nel suo Faust: “Tutto ciò che passa non è che un simbolo, l’imperfetto qui si completa, l’ineffabile è qui realtà, l’eterno femminino che ci attira in alto accanto a sé. Nell’eterno femminino si trova tutta la potenza della donna che attira al cielo...”. Un quid vitale e languido, dolce e tenace, impalpabile, al massimo intuibile, che si può appalesare solo per via laterale e che riguarda tutti e ciascuno, le donne in primis naturalmente. Nelle “Women in red” di questo servizio (sono state di recente anche in mostra a Lecce) si è cercato di renderlo intelligibile allo sguardo mettendo in evidenza un tratto a tutte loro comune: la presenza di un elemento rosso in ciò che le costituisce nell’immagine, il corpo e quel che lo circonda. Metafora ed epifania dell’eterno femminino dunque, il rosso è, con un gioco di parole, il fil rouge che le unisce concettualmente ed emotivamente: e non è un caso perché il colore rosso è sì simbolo, tra l’altro, di sangue e di passione, ma pure di quella potenza muliebre che, come scrive ancora Goethe, è madre e levatrice dell’umanità stessa. Donne ritratte nei più svariati tagli, con ogni tipo di luce, in scene, circostanze, narrazioni che mai si somigliano, dalla fiaba al reportage sportivo, dal flash etnografico al ritratto psicologico: bellissime e misteriose, iconiche proprio per il ruolo simbolico che si è voluto attribuire loro, vivono in ogni parte del mondo, sono lontane le mille miglia l’una dall’altra, eppure tutte sfoggiano il segno rosso della femminilità, a dimostrazione che ogni diversità ha comunque in sé un grano di comunione: abiti, drappi, nastri, copricapi, body e hair painting, makeup… A ritrarle fotografi noti e meno noti, in ogni caso eccellenti, anch’essi diversissimi tra loro, ma inconsapevolmente accomunati dalla capacità di estrarre dal profondo l’identità eterna, delle “red women”, di fissarla e squadernarla a noi osservatori in un lacerto rosso. In “quel” lacerto rosso.