GIRANDOLA IN
IL NAMIB é UN RICAMO di granelli di sabbia gialla e rosa. A tessere questo deserto è il vento, le onde celesti dell’oceano lo incoronano di un diadema increspato. La pista che, lasciate Swakopmund e Walvis Bay con le sue colonie di pellicani, foche, fenicotteri e le rugginose carcasse dei pescherecci naufragati, conduce alle sinuose dune paraboliche e gli slanciati cluster arborei intorno alla pozza di Sossusvlei è una striscia infinita: corre in una rapsodia di arancioni e di blu, percorrendola si incontrano struzzi solitari, delfini spiaggiati, cammelli eremiti e, là dove incrocia la Costa degli Scheletri, i relitti delle navi che occhieggiano, tragici, tra i cavalloni. Questo Paese dove la Schutztruppe, una specie di esercito coloniale voluto dal cancelliere Bismarck, mise pace con la forza tra le tribù indigene è un incessante caleidoscopio cromatico. L’Etosha National Park, tra i più suggestivi al mondo, è un polmone verde punteggiato da fortini bianchi: si attraversa in auto quasi in apnea tra i respiri delle centinaia di specie animali che lo abitano, le acacie verdi, le saline in technicolor e le lagune azzurre. È un bellissimo viaggio, il nostro, lento, mai solitario: a volte elefanti maestosi bloccano il passaggio sventagliando nel sole d’oro le loro orecchie gigantesche, le giraffe fanno spuntare i loro colli maculati dalla boscaglia, le zebre ciondolanti si avvicinano curiose, i leoni indolenti non si scostano dall’ombra delle acacie. Le donne himba dalle materiche capigliature di ocra e grasso e i pastori herero fieri delle loro mandrie sono le uniche creature umane degne di appartenere a questa natura stupefacente e cangiante, come un gran pavese scritto su terra e pietra.