QUINDICI ANNI DOPO. NEL 2013
QAnche
che nel frattempo ha abbandonato l’indirizzo monografico per abbracciare quello “generalista” e nel contempo ha assunto un formato più tradizionale, non se la passa bene. I numeri sono una sentenza impietosa. Per continuare c’è bisogno di un cambio di passo, un ribaltamento di prospettiva. La rivista di viaggi si fa essa stessa “il viaggiatore”. Il senso di tale progetto, una vera scommessa contro lo spirito del Tempo, è nella copertina ( sopra alcune delle cover del “nuovo” Traveller) e nell’editoriale del numero che inaugura questo corso. “Nasce un nuovo Un giornale di viaggio, anzi di (e per) viaggiatori, pensato per stupire un pubblico che, in virtù di esperienze personali e degli infiniti approfondimenti di Internet, ha visto o crede di aver visto tutto. Una rivista (...) studiata per mostrare e vivere il mondo in modo sorprendente, con uno sguardo curioso volto a scoprire con immagini straordinarie i paesaggi ‘dell’eccezione’, la natura più selvaggia, le elettrizzanti contraddizioni delle megalopoli, la gente, i costumi, le più belle e ardite realizzazioni della civiltà, i luoghi non ancora divenuti di consumo turistico (...) ‘Per vedere ciò che pochi hanno visto dovete andare dove pochi sono andati’, diceva Budda”. Un giornale, dunque, di immagini suggestive che raccontano ed emozionano, mai banalmente didascaliche o peggio riempitive, basato sulla convinzione che il viaggiatore esiste ancora, ma è necessario stimolarne lo sguardo interiore a uscire dalla pigra omologazione del turismo digitale, affinché torni “a vedere quello che vede e non ciò che gli è fatto vedere”. Scommessa vinta? Stando ai lettori pare di sì.