“DI FRONTE AL MARE, LA FELICITÀ È UN’IDEA SEMPLICE„
Jean-Claude Izzo (1945-2000), poeta francese
SS’IMMERGEVANO NUDE o vestite solo di un perizoma (fundoshi) e una bandana in testa (tenugui): così nel 1959 Fosco Maraini, colto reporter e scrittore, ritrasse le pescatrici di perle Ama. Riprese in tuffi perfetti, mostrando la naturalezza dei loro corpi sinuosi scomparire nel blu più profondo. La loro leggenda continua anche oggi.
Tutto in un fiato, fino a 30 metri di profondità e oltre. Una volta risalite, nel riprendere aria, ecco l’Ama isobue un suono simile al verso di un delfino chiamato anche “il canto delle sirene”. Come l’abbigliamento, anche l’attrezzatura della pescatrice Ama era ridotta al minimo: maschera, pinne, zavorre, un coltello per la raccolta, e una cima legata alla caviglia per farsi aiutare nel ritorno a galla. Da secoli la tecnica è rimasta pressoché immutata e le Ama, “le donne del mare”, scendono ancora nelle acque delle lagune subtropicali delle isole Okinawa e, più a nord, nella baia di Toba, nell’isola di Honshu, dimenticandosi di respirare, alla ricerca di ostriche, perle, crostacei, alghe, molluschi. L’unica variante è che negli ultimi tempi, soprattutto al Nord, le pescatrici Ama preferiscono indossare una muta contro il freddo o l’isogi, una tuta di lino bianca. Il lavoro di raccolta è stagionale e le impegna per due sessioni di circa un’ora e mezza al giorno, durante le quali si immergono per una sessantina di volte. Un’attività che le mantiene giovani e forti: non di rado, infatti, s’incontrano valide pescatrici Ama anche di 80 anni. Ma le donne del mare sono sempre meno, l’ultimo censimento nel 2000 ne contava solo 235 rispetto alle 10.000 degli anni ’40, e solo 48 erano under 40. Ora sono patrimonio dell’Unesco. Nella loro arte le Ama sono divise in due gruppi. Le oyogido o kachido, le più giovani che stanno imparando e pescano in fondali bassi, e le funado, le esperte, che guadagnano di più: sono loro che vanno in profondità per decine di metri, trascinate da pesi di 10 o 15 kg. Spesso sono accompagnate da un uomo, di norma il marito, che poi le aiuta a risalire. Il risultato è la loro leggendaria ed elegante acquaticità e un fisico che, temprato dal nuoto e dalle acque oceaniche, si plasma forte, tonico e attraente. Va da sé che ci sia tutto un immaginario artistico e letterario a ritrarle come creature semidivine, appostate in riva al mare, come nella stampa di Utamakura (1781) e Kitagawa Utamaro. Gli appassionati di 007 di certo si ricorderanno l’attrice Mie Hama nei (pochi) panni di Kissy Suzuki, pescatrice Ama e Bond Girl in Si vive solo due volte (1967). E la fantasia vola anche all’eloquente Tako to Ama (1815), la celebre xilografia erotica di Hokusai, letteralmente “il polpo e la pescatrice ama”, arrivato a noi come Sogno della moglie del pescatore…