Mauritania
Nel cuore del deserto, le biblioteche secolari di Chinguetti
UNA VOLTA erano 24 le biblioteche con gli scaffali di terra ocra colmi di testi impolverati dal valore inestimabile. Oggi ne sono rimaste 12, ma la città gravita ancora intorno a questo patrimonio, accolto dall’Unesco nel 1996.
Mohamed Mahmoud compie lo stesso rituale ogni giorno. Nonostante i libri nelle scansie siano meno di una volta e i lettori ormai troppo vetusti per assistere al rito, lui, il custode della biblioteca Al-Hamoni estrae un antichissimo manoscritto del Corano dalla sua custodia in cuoio rinsecchito dall’usura del tempo e con un pennellino lo spolvera. Lo stesso trattamento riserva ad altri gioielli letterari e artistici che fanno della città di Chinguetti il forziere dei manoscritti “perduti” nel deserto della Mauritania. Settimo luogo santo dell’Islam, pellegrini e studiosi per secoli vennero qui a studiare, lasciando in dono migliaia di libri: le biblioteche raggiunsero il numero ragguardevole di 24. Poi le termiti e l’incuria, o la “sottrazione” a fini commerciali, hanno assottigliato questo patrimonio, protetto dall’Unesco nel 1996. La magia di questo lascito di carta ammanta tuttora la città, nodo carovaniero sorto all’imbocco di un uadi insabbiato, cinta da dune che talvolta la fanno scomparire dall’orizzonte. Un tempo qui si arrivava a dorso di cammello, scavallando l’Amoghar Pass, per ammirare le sue pitture rupestri. Ancora oggi si resta ammaliati dai palazzi screpolati color ocra e dalla facciata incartapecorita della moschea quattrocentesca. E dai nomadi che lasciano le tende per mescolarsi agli abitanti bibliofili: osservarli seduti sul terriccio della biblioteca Ahel Ahmed Wanane avvolti nelle tradizionali tuniche blu mentre con occhi d’agata lanciano sguardi come dardi sui manoscritti, è un’esperienza mistica. Intorno si odono le voci dei mercanti di datteri, i richiami dei pastori alle greggi... e il pensiero corre all’epopea dei mercanti di sale, che a Chinguetti trovavano riparo dai predoni del deserto. Adesso, questa infinita distesa di sabbia incute rispetto ma non più paura. In jeep si può andare tranquillamente alla scoperta dell’oasi di Terjit o a Oudane, villaggio berbero sul plateau di Adrar, ultimo avamposto umano nel Sahara mauritano, che fu stazione di posta della colonia portoghese, per curiosare tra i suoi vicoli e guardare i discendenti dei nomadi intenti in interminabili partite di dama con le pedine fatte da sterco di cammello. Da loro si apprende la storia, magica anch’essa, del Guelb El Richat, l’Occhio del Sahara: una voragine circolare dal diametro di 40 km simile a un’immensa ammonite, dal grande impatto emotivo. E ci si può spingere sino a perdersi in quell’oceano di dune ondulate che è l’Erg Ouarane. Là in mezzo sembra di rivedere Mohamed che accarezza i libri di Chinguetti: un’allucinazione o forse, semplicemente, un incanto che non svanisce.
“HO SEMPRE AMATO IL DESERTO. NON SI VEDE E NON SI SENTE NULLA MA TUTTAVIA QUALCOSA RISPLENDE NEL SUO SILENZIO„ Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944), scrittore e aviatore