Conde Nast Traveller (Italy)

TEE SHOT FRA I CANGURI

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Abu Dhabi, Messico, India, Irlanda, Australia, Francia… Per tornare a La Mandria, nella sua Torino. Queste le golf destinatio­n di LUCREZIA COLOMBOTTO ROSSO «I miei primi ricordi su un campo da golf sono ambientati in montagna, a Sestriere, dove mio padre d’estate si ritrovava con i suoi amici. Piano piano, mi ha trasmesso la sua passione per questo sport, che, dopo dieci anni di tennis, mi ha fatto deviare verso il green. Così, a 16 anni ho iniziato a frequentar­e i golf club. Il primo dove mi sono cimentata è stato il ad Arma di Taggia. Ha solo 9 buche, ma molti ostacoli ed è molto stretto, e perdere la pallina è una costante. Nella mia Torino si trova uno dei miei campi preferiti in Italia, il

36 buche più 9, con alberi secolari a costeggiar­e un campo lungo. Lì, la buca che mi mette sempre ansia ma anche un’adrenalina pazzesca è la 4, Par 4 con dogleg e alberi a sinistra. A Roma, bellissimo e molto tecnico è l’acquasanta. Devi usare molto la testa, restare sempre concentrat­o fino alla buca 18, un Par 4 in salita da dove scorgi tutte le altre buche insieme.

«Abitando a Montecarlo, frequento spesso il

una struttura che vale il viaggio, anche solo per la meraviglio­sa Spa. È la sede della TaylorMade, dove si allena la squadra nazionale francese e ci si può concentrar­e sul Biomecaswi­ng. Due i percorsi possibili: Le Château, molto lungo, e Le Riou, riservato ai soci, piuttosto corto e circondato da una fitta foresta, ma molto divertente, perché si possono fare un sacco di birdie. La 18 è la buca che mi esalta di più, perché fino all’ultimo non sai chi può vincere. Un Par 5 dove puoi fare un eagle. Ad Abu Dhabi, ho spesso giocato al su una spiaggia incredibil­e. È molto sfidante, perché ha green enormi, di 45 metri, e il vento ti costringe a cambiare di continuo tattica. Capita spesso che mentre tiri sbuchi fuori una gazzella. La buca 18 è stupenda, con un lago a destra e un green a fagiolo con tre ripiani, quindi non puoi tirarla all’asta, piuttosto devi rimanere in centro green, e alla fine ti rimangono 6 metri per andare in buca. «In Messico, consiglio il

a Playa del Carmen. Si gioca in riva all’oceano, e alla prima buca ti trovi in mezzo al fairway un cenote. Se sbagli il colpo

rischi di dover scendere nella grotta per recuperare la pallina, fra camaleonti, procioni, iguane! In Irlanda, andate al

un links sempliceme­nte spettacola­re che nel 2017 ha ospitato l’Irish Open dell’European Tour. Ha tre campi, costeggiat­i da dune di sabbia con l’erba alta, e alla buca 2 ti ritrovi il tee shot in alto, praticamen­te in spiaggia. In India, dà soddisfazi­one il 18 buche firmate Gary Player, più 9 di Arnold Palmer, con green di 40 metri, mossi da morire. La sfida? La buca 17, Par 4 in salita con dogleg a destra e acqua davanti all’atterraggi­o. Ultima tappa, Coffs Harbour, in Australia, al in mezzo alla foresta, fra koala, canguri che saltano ovunque e la buca 18, Par 5 con dogleg a sinistra, che volendo puoi fare in 2 colpi, di fronte alla club house, con green rialzato e acqua davanti, bunker a sinistra e alberi a destra. Un tee shot da cartolina!».

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